«Cosa c’è?» chiese Ivan.

«Sto cominciando ad avere paura.»

«E perché?»

«Perché tutta questa faccenda sta assumendo una sottile coloritura politica. E chiunque non entri in allarme quando le vicende barrayarane cominciano ad assumere una coloritura politica non ha studiato… la storia.» Pronunciò l’ultima parola facendo sibilare la S e si accasciò nella sedia. Dopo un momento richiamò il file e si rimise a cercare.

«Tombola!»

«Eh?»

«File protetto» disse Miles. «Nessuno con un grado inferiore a Ufficiale dello Stato Maggiore Imperiale può accedervi.»

«Quindi noi siamo esclusi.»

«Non necessariamente.»

«Miles…» gemette Ivan.

«Ancora non ho intenzione di fare niente di illegale» lo rassicurò Miles. «Vai a chiamare l’ambasciatore.»

Appena arrivò, l’ambasciatore prese una sedia e si sistemò vicino a Miles. «Sì, ho un codice d’acceso d’emergenza che può aggirare la protezione» ammise dopo le insistenze di Miles. «L’emergenza a cui si pensava era però nell’ordine dello scoppio di una guerra.»

Miles si mordicchiò il dito. «Sono due anni che il capitano Galeni è con lei: che impressione ha ricavato di lui?»

«Come ufficiale o come uomo?»

«Tutte e due le cose, signore.»

«Molto coscienzioso sul lavoro. Una insolita preparazione culturale…»

«Quindi lei ne era al corrente?»

«Naturale, questo ha favorito la sua scelta per il trasferimento sulla Terra. È sempre stato a suo agio negli avvenimenti mondani, un conversatore brillante. L’ufficiale che lo ha preceduto in questo incarico era un uomo della Sicurezza di vecchia scuola. Competente ma monotono. Direi quasi… ehm! … scontroso. Galeni assolve gli stessi compiti, ma con più scioltezza e discrezione. Una sicurezza discreta, ma efficiente, è una sicurezza invisibile e una sicurezza invisibile non disturba i diplomatici miei ospiti e il mio lavoro è facilitato. E questo modo di gestire le cose è doppiamente produttivo per l’attività di… ehm… raccolta delle informazioni. Come suo superiore non posso che lodare il suo comportamento.»

«E quali sono le sue pecche come uomo?»

«"Pecche" è forse un termine inadeguato, tenente Vorkosigan. Galeni è piuttosto… freddo. In generale trovo la cosa riposante. Noto però che finita una conversazione, lui ne sa molto più di te di quanto tu ne sappia di lui.»

«Ah.» Un modo molto diplomatico di mettere le cose. E, rifletté Miles ripensando ai suoi scontri verbali con l’ufficiale scomparso, dritto al bersaglio.

L’ambasciatore corrugò la fronte. «Lei crede, tenente Vorkosigan, che in quel file ci possa essere qualche indizio sulla sua scomparsa?»

«Altrove non c’è nulla» rispose Miles scrollando le spalle sconsolato.

«Sono riluttante…» l’ambasciatore si interruppe, con lo sguardo fisso sulle restrizioni di accesso che lampeggiavano sullo schermo.

«Potremmo aspettare ancora un po’» si intromise Ivan. «E se avesse semplicemente trovato un’amichetta? Se ti preoccupavi tanto da arrivare a fare anche l’altra ipotesi, dovresti esserne felice per lui. Non sarebbe molto contento, se tornando dalla sua prima notte ruggente dopo anni, scoprisse che gli abbiamo messo sottosopra il file protetto.»

Miles riconobbe il tono cantilenante di quando Ivan giocava a fare il tardo, l’avvocato del diavolo, lo stratagemma a cui ricorreva una mente acuta ma pigra per far fare agli altri il suo lavoro. Va bene, Ivan.

«Quando passi le notti fuori, non lasci detto dove vai e quando ritornerai?» gli chiese Miles.

«Be’, sì.»

«E non ritorni forse all’ora prevista?»

«Be’, mi è capitato di addormentarmi un paio di volte» ammise Ivan.

«E cosa è successo in quei casi?»

«Mi hanno rintracciato. "Buon giorno, tenente Vorpatril, questo è il servizio sveglia".» L’accento puntiglioso e sardonico di Galeni trasparì senza ombra di dubbio dall’imitazione di Ivan; doveva essere una citazione vera.

«E secondo te Galeni è il tipo che stabilisce una regola per i suoi subordinati e un’altra per sé?»

«No» esclamarono all’unisono Ivan e l’ambasciatore, che si scambiarono poi un’occhiata.

Miles trasse un profondo respiro, sollevò il mento e indicò l’olovideo. «Apra il file.»

L’ambasciatore strinse le labbra ed eseguì.

«Che mi venga un colpo» sussurrò Ivan dopo aver fatto scorrere lo schermo per qualche minuto. Miles riprese il controllo della tastiera e si mise a leggere a velocità doppia. Finalmente la storia completa della famiglia di Galeni.

Il suo nome vero era David Galen. Quei Galen, i proprietari della Magazzini Orbitali di Trasferimento Galen, una tra le più importanti famiglie dell’oligarchia che aveva governato Komarr, che avevano esercitato il controllo sui loro importantissimi corridoi di transito come avevano fatto nell’antichità i baroni borseggiatori sul fiume Reno. Erano state le distorsioni galattiche ad arricchire Komarr; dal potere e dalla ricchezza che da esse fluivano erano nate le città gioiello coperte da cupole, e non dal sudore e dalla fatica per aver coltivato il suolo sterile e povero del pianeta.

A Miles sembrò di riudire la voce di suo padre mentre raccontava le fasi che avevano fatto della conquista di Komarr il manuale di guerra dell’ammiraglio Vorkosigan. Una popolazione ridotta, concentrata in città dal clima controllato; niente spazio per una guerriglia, nessun luogo in cui ritirarsi e riorganizzarsi. Nessun alleato; non abbiamo dovuto fare altro che annunciare che avremmo portato dal venticinque al quindici per cento la loro percentuale sulla merce che passava attraverso il loro corridoio, e i vicini che avrebbero dovuto sostenerli ci sono caduti tra le mani. Si sono persino rifiutati di prendere le armi per combattere, fino a quando i mercenari che avevano assoldato capirono cosa avevano di fronte e fuggirono…

Naturalmente le ragioni di quella conquista, la causa principe di cui nessuno parlava mai, risiedeva nel peccato commesso dai padri della generazione precedente, che si erano fatti corrompere dai cetagandani per permettere il passaggio della loro flotta di invasione per la conquista facile e veloce di Barrayar, pianeta povero, scoperto da poco e ancora semi-feudale. Ma non era stato né facile, né veloce e neppure una conquista: dopo vent’anni e fiumi di sangue, le navi cetagandane erano tornate da dove erano venute, attraversando lo spazio "neutrale" di Komarr.

Forse i barrayarani erano arretrati, ma non si poteva certo dire che non imparassero in fretta. Negli uomini appartenenti alla generazione del nonno di Miles, che giunsero al potere sotto la dura scuola dell’occupazione cetagandana, crebbe ossessiva la determinazione di impedire che un’occupazione simile si ripetesse. Era poi toccato alla generazione del padre di Miles tramutare in fatti quell’ossessione, tramite il controllo definitivo e assoluto del corridoio di transito komarrano verso Barrayar.

Lo scopo dichiarato della flotta di invasione barrayarana, con la sua rapidità e le accurate sottigliezze strategiche, era quello di impadronirsi della consolidata e fiorente economia komarrana lasciandola intatta e riducendo al minimo i danni. Conquista, non vendetta, per la gloria dell’Imperatore. Il Comandante della Flotta Imperiale Barrayarana, l’Ammiraglio Lord Aral Vorkosigan, lo aveva spiegato chiaramente e a più riprese… o così credeva.

L’oligarchia komarrana, arrendevole e docile, venne convinta a conformarsi a quella linea, facilitando in tutti i modi possibili la resa. Vennero fatte delle promesse, fornite delle garanzie; una vita da sudditi e una proprietà anche ridimensionata erano pur sempre vita e proprietà, a cui si aggiungeva la speranza di una ripresa futura. La miglior rivincita possibile era il recupero del benessere.

Poi venne il Massacro di Solstizio.

Un subordinato troppo solerte, ruggì l’ammiraglio Lord Vorkosigan. Ordini segreti, gridarono le famiglie sopravvissute dei duecento consiglieri komarrani fucilati in una palestra dalle forze della Sicurezza Barrayarana. La verità, o quanto meno la certezza, era sepolta con le vittime, e lo stesso Miles era sicuro che neppure uno storico fosse in grado di farla resuscitare. Solo l’ammiraglio Vorkosigan e il comandante delle sicurezza sapevano la verità e sotto accusa c’era la parola dell’ammiraglio stesso. Il comandante della sicurezza morì senza essere stato processato, per mano dello stesso furibondo ammiraglio Vorkosigan. Esecuzione giusta, o assassinio per impedirgli di parlare, scegliete voi, a seconda dei vostri preconcetti.


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