— Quanti di voi ripongono le loro cose in casa di Tom?

— Oltre a me? Due — rispondo. — Anche alcuni altri, quando devono partecipare a tornei, ma solo tre di noi regolarmente. Gli altri due sono Don e Sheraton.

— Perché? — domanda Stacy con calma.

— Sheraton viaggia molto per lavoro. E una volta ha subito un furto nel suo appartamento e gli hanno rubato un'intera serie di armi bianche. Don… — La gola minaccia di chiudermisi ancora una volta, ma continuo: — Don non faceva che dimenticarsi le sue cose e chiedere quelle degli altri in prestito, e alla fine Tom gli disse di lasciarle in casa sua.

— Don. Si tratta dello stesso Don del quale mi ha parlato per telefono?

— Sì — dico. Ho i muscoli completamente irrigiditi.

— Faceva già parte del gruppo quando lei è arrivato?

— Sì.

— Quali sono i suoi amici nel gruppo?

Io pensavo che tutti fossero miei amici. Emmy diceva che era impossibile, perché loro erano normali e io no. Io però lo pensavo. — Tom — rispondo. — Lucia. Brian. M-Marjory…

— Lucia è la moglie di Tom, vero? Chi è questa Marjory?

Sento il sangue salirmi al viso. — Lei… lei è una persona che… che è mia amica.

— È la sua ragazza? La sua amante?

Le parole fuggono dalla mia testa, spariscono. Di nuovo muto, scuoto il capo.

— Una persona che lei vorrebbe fosse la sua ragazza?

Impietrisco. Lo vorrei? Certo. Oso sperarlo? No. Non posso muovermi, non posso parlare. Non voglio vedere l'espressione del signor Stacy, non voglio sapere cosa pensa. Vorrei solo fuggire.

— Vorrei esprimere un'ipotesi, signor Arrendale — dice Stacy. — Supponiamo che a lei piaccia davvero questa donna, questa Marjory…

Questa Marjory, come se lei fosse un oggetto, non una persona. Il solo pensiero del suo viso, dei suoi capelli, della sua voce mi riempie di calore.

— E lei è piuttosto timido… be', è normale in un uomo che non ha avuto molte relazioni, come credo lei non ne abbia avute. E forse Marjory ha simpatia per lei o forse prova piacere a essere ammirata. E quest'altra persona… forse Don, forse un altro… si irrita per questa simpatia. Magari Marjory piace anche a lui. Comunque, lui vede qualcosa che non gli va instaurarsi tra voi due. La gelosia è un motivo molto comune di comportamenti violenti.

— Io… non voglio… che lui… sia il vandalo — riesco a dire con voce strozzata.

— Le è simpatico?

— Lo conosco… penso… pensavo… di conoscerlo… — Ondate di nausea mi travolgono spegnendo il calore del pensiero di Marjory. Ricordo i momenti in cui Don parlava, rideva, scherzava.

— Il tradimento fa sempre male — dice Stacy come un prete che reciti i Dieci comandamenti. Ha tirato fuori il suo palmare e lo sta usando.

Posso vedere qualcosa di oscuro che incombe su Don, come una nube temporalesca su un paesaggio assolato. Vorrei disperderla, ma non so come fare.

— Quando finisce di lavorare? — domanda Stacy.

— Di solito esco alle cinque e trenta — dico. — Ma oggi ho perso tempo a causa di ciò che è accaduto alla mia auto. Devo rimettermi in pari.

Lui aggrotta la fronte. — Lei deve rimettere in pari il tempo che perde parlando con me?

— Naturalmente.

— Il suo principale non mi sembrava tanto puntiglioso — commenta Stacy.

— Non si tratta del signor Aldrin — dico. — Io rimetterei in pari il tempo in ogni caso, ma è il signor Crenshaw che si arrabbia se pensa che non lavoriamo abbastanza duro.

— Ah, vedo — dice. Il suo viso diventa molto rosso. — Sospetto che non troverò simpatico il signor Crenshaw.

— A me non piace — ammetto. — Però io ho il dovere di fare comunque del mio meglio.

— Ne sono sicuro — dice lui. — A che ora pensa di uscire oggi, signor Arrendale?

Guardo l'orologio e cerco di fare i miei calcoli. — Se ricomincio a lavorare adesso, potrò uscire alle sei e cinquantatré — rispondo. — C'è un treno che parte dalla stazione del campus alle sette e quattro, e se mi sbrigo potrò prenderlo.

— Lei non andrà in treno — mi informa Stacy. — Le organizzeremo un passaggio. Non mi ha sentito quando ho detto che siamo preoccupati per la sua incolumità? Non ha qualcuno col quale stare per pochi giorni? Sarà meglio che lei non rimanga nel suo appartamento.

Scuoto la testa. — Non conosco nessuno — dico. Non sono mai stato in casa di nessuno da quando ho lasciato casa mia: sono sempre rimasto nel mio appartamento o in un albergo. Ma adesso non ho voglia di andare in albergo.

— Stiamo cercando questo Don, ma non è facile localizzarlo. Il suo datore di lavoro dice che non lo vede da diversi giorni, e a casa sua non c'è. Lei sarà al sicuro qui per qualche ora, credo, ma non se ne vada senza farcelo sapere, capito?

Annuisco. È più facile che discutere. Ho l'impressione che tutto questo stia avvenendo in un film o in uno spettacolo, non nella vita reale. Non somiglia a nulla di quanto mi abbiano mai detto.

La porta si apre all'improvviso e io ho un gran sobbalzo. È il signor Crenshaw e sembra di nuovo arrabbiato.

— Lou! Cos'è questa cosa che sento, che hai guai con la polizia? — Si guarda intorno e s'irrigidisce vedendo il signor Stacy.

— Sono il tenente Stacy — si presenta il poliziotto. — Il signor Arrendale non è in nessun guaio. Io sto investigando un caso nel quale lui è la vittima. Le ha detto delle gomme tagliate, no?

— Sì… — Il rosso sulla faccia del signor Crenshaw va e viene. — Lo ha detto. Ma è quella una ragione sufficiente per mandare un agente anche qui?

— No, quella no — dice Stacy. — Tuttavia i due atti di vandalismo seguenti, compreso l'ordigno esplosivo piazzato nella sua macchina, sono una ragione più che sufficiente.

— Un ordigno esplosivo? — Il signor Crenshaw torna a impallidire. — Qualcuno sta cercando di far del male a Lou?

— Noi crediamo di sì — dice Stacy. — Siamo preoccupati per l'incolumità del signor Arrendale.

— Chi crede che sia il colpevole? — Il signor Crenshaw non aspetta risposta, ma continua a parlare. — Lou sta facendo dei lavori importanti per noi; forse un nostro competitore vuole sabotarli…

— Non lo penso — dice Stacy. — Gli indizi puntano a qualcuno che non ha alcun rapporto con l'ambiente di lavoro del signor Arrendale. Sono certo comunque che anche lei consideri importante proteggere un prezioso collaboratore. La sua compagnia ha un alloggio per ospiti o qualche altro posto dove il signor Arrendale potrebbe abitare per qualche giorno?

— No… Voglio dire, lei pensa che la minaccia sia seria?

Il poliziotto socchiude gli occhi. — Lei è il signor Crenshaw, vero? La riconosco dalla descrizione del signor Arrendale. Se qualcuno togliesse la batteria dalla sua macchina e la sostituisse con un attrezzo destinato a esplodere quando lei aprisse il cofano, lei considererebbe questa una minaccia seria?

— Dio mio — dice il signor Crenshaw. Io so che non sta chiamando il signor Stacy il suo Dio: è solo un modo di esprimere sorpresa. Poi guarda me e la sua espressione si fa dura. — Cosa sei andato combinando, Lou, perché qualcuno cerchi di ucciderti? Tu conosci la politica aziendale: se vengo a sapere che ti sei imbrancato con elementi criminali…

— Lei sta parlando a vanvera, signor Crenshaw — lo interrompe Stacy. — Il signor Arrendale non ha fatto proprio nulla di male. Noi sospettiamo anzi che il colpevole possa essere qualcuno che è geloso delle doti del signor Arrendale… che vorrebbe vederlo meno capace.

— Qualcuno che non sopporta i suoi privilegi? — chiede il signor Crenshaw. — La cosa si spiegherebbe. Io ho sempre detto che il trattamento speciale di cui gode questa gente avrebbe suscitato reazioni da parte di quelli che non l'hanno. Noi abbiamo lavoratori che non vedono per quale ragione questa sezione dovrebbe avere un proprio parcheggio, una palestra, un impianto stereo e un cucinino.

Guardo il signor Stacy, il cui viso si è indurito. Il signor Crenshaw ha detto qualcosa che lo ha fatto arrabbiare, ma cosa? Quando parla la sua voce è strascicata e al tempo stesso tagliente, un tono che (me lo hanno insegnato) esprime forte disapprovazione.


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