— Sì, credo che si tratti di quattro giorni, sebbene il periodo vari a secondo dei contratti.

— Ora ditemi, qual è la retta giornaliera qui al Ricovero per una stanza come quella che occupavo io?

— Non posso dirvelo esattamente. Questo non è un ospedale con retta quotidiana, ma teniamo delle camere a disposizione dei clienti, dopo il risveglio. Comunque credo che cento dollari al giorno siano la cifra esatta.

— E siccome io ho diritto a quei quattro giorni, potreste prestarmi quattrocento dollari?

Senza rispondermi, il signor Doughty parlò in codice al suo assistente automatico, e poco dopo mi porse otto biglietti da cinquanta.

— Grazie — gli dissi di tutto cuore, mentre intascavo la somma. — Ve li restituirò appena posso, con l’interesse. Va bene il sei per cento?

Lui scosse la testa. — Non è un prestito, signor Davis, dal momento che avete chiesto questa somma in cambio dei giorni di degenza che vi spettavano.

— Ma no, non voglio…

— Vi prego di non insistere. Volete che sprechiamo tempo e denaro per le pratiche relative a un prestito così esiguo? Ero disposto a darvi molto di più.

— Allora non insisto, ma ditemi piuttosto qual è il valore d’acquisto del denaro, oggi.

— Mah, non saprei con precisione. Però a occhio e croce direi che con dieci dollari si può fare un ottimo pasto, se non andate in un locale di gran lusso.

Lo ringraziai di nuovo calorosamente, e me ne andai.

Fuori dal Ricovero, che si trovava sul Wilshire Way, c’erano delle panchine al sole. Dopo aver fatto pochi passi, mi sedetti, e aperto il Times che avevo portato con me, mi misi a leggere gli avvisi economici, alla colonna offerte di lavoro. Vinsi la tentazione di leggere l’elenco delle richieste di tecnici esperti, e cercai quelle per lavoratori inesperti al primo impiego.

Era una lista maledettamente breve, tanto breve che per poco non mi sfuggì.

6

Due giorni dopo, venerdì 15 dicembre, trovai lavoro. Le mie mansioni consistevano nel fracassare automobili di lusso nuove di zecca in modo che potessero essere spedite a Pittsburgh come rottami. Si trattava di Cadillac, Chrysler, Eisenhowers, Lincoln, ecc. tutte enormi, bellissime, potenti turbomobili col contachilometri ancora a zero. Io dovevo spingerle fra le mascelle di un’enorme tenaglia che le stritolava, e da dove le ritirava in condizioni pietose.

Sulle prime mi piangeva il cuore a dover rovinare tutto quel ben di Dio, ma ero una talpa (così erano chiamati i reduci del Lungo Sonno), e dovevo imparare molte cose prima di reinserirmi nella vita normale.

Il mio capo-officina, un tipo gioviale e paterno che mi aveva preso subito in simpatia, mi spiegò: — Si tratta semplicemente di questioni economiche, figliolo. Queste vetture costituiscono un eccesso di produzione che il governo ha accettato come garanzia per evitare l’aumento dei prestiti statali. Queste macchine hanno due anni e ormai sono di un modello sorpassato e non si venderebbero più, così il governo le fa distruggere e le rimanda alle acciaierie. Il minerale grezzo ad alta percentuale è scarso, perciò i rottami sono più che mai ricercati, e le acciaierie hanno bisogno di queste macchine.

— Ma perché costruirle, se è noto in anticipo che non saranno vendute? Mi sembra uno spreco di tempo e di denaro.

— Appunto, sembra. Volete che aumenti la schiera dei disoccupati? Oppure volete che il tenore di vita si abbassi?

— Non si possono esportare? Mi pare che ricaverebbero di più vendendole all’estero che non come rottami.

— Già, per farci guardare storto dal Giappone, dalla Francia, dalla Germania, dalla Grande Asia, e così via, e per rovinare il mercato estero? Cosa vorreste fare, fornire il pretesto per una guerra? — Sospirò, e riprese paterno: — Nelle ore libere andate alla biblioteca pubblica a leggere qualche libro di economia politica. Vedrete che, dopo, le cose vi appariranno sotto un altro aspetto.

Chiusi la bocca, e non insistetti, né gli dissi che passavo già tutto il mio tempo libero ad aggiornarmi.

Continuai così a maciullare automobili di lusso, e a guardarmi intorno. Già dal primo giorno avevo scoperto che, con qualche sacrificio, potevo mangiare anche con meno di dieci dollari a pasto, specialmente se mi accontentavo di cibi sintetici. Trovare un alloggio non mi era stato facile, perché Los Angeles rigurgitava di profughi e sfollati, ma finalmente mi sistemai in una catapecchia dell’estrema periferia, non lontano dalla fabbrica dove lavoravo. Los Angeles si era ingrandita immensamente nei trent’anni in cui avevo dormito, e rimpiangevo i tempi in cui lo smog, che adesso erano riusciti a eliminare, teneva lontano da quella città un sacco di gente, e faceva desiderare, a chi ci abitava, di andarsene.

Una volta trovato alloggio e lavoro, mi restava ancora da ritrovare Ricky, Miles e Belle, e, se possibile, risalire ai brevetti originali di Pronto-agli-Ordini che, ne ero assolutamente certo, discendeva in linea diretta dal mio prototipo del Servizievole Sergio. E scoprire la storia della Società Domestica Perfetta. Il tutto mentre continuavo a leggere a a studiare in modo da poter pretendere, nel minor tempo possibile, un impiego all’altezza delle mie possibilità.

Le due cose che mi colpirono maggiormente fra le tante novità piccole e grandi che avevano impressionato il mio risveglio furono due: una importante, e una frivola.

La prima era, occorre dirlo?, la Null-Grav, cioè la grande scoperta fatta qualche anno prima, e grazie alla quale era stata vinta la legge di gravità. Nel 1970 sapevo che esisteva l’Istituto Babson, in cui si compivano ricerche sull’attrazione, ma non mi sarei mai aspettato che gli esperimenti avessero esito positivo. E a rigor di logica avevo ragione, in quanto fu l’Università di Edimburgo a scoprire la teoria fondamentale su cui è basata la Null-Grav. A scuola mi avevano insegnato che la forza di gravità è qualcosa contro cui non si può fare niente, in quanto inerente all’intima struttura dello spazio.

Infatti, per vincerla, avevano mutato la struttura dello spazio… Solo temporaneamente e localmente, certo, ma era tutto quanto occorreva per trasportare un oggetto pesante. Naturalmente, bisognava restare entro l’ambito terrestre, così la Null-Grav non poteva servire per i viaggi spaziali, almeno nell’anno 2000, perché per il futuro le cose sarebbero probabilmente cambiate. Comunque, imparai che se per sollevare un oggetto occorreva ancora consumare energia onde superare il potenziale di gravità, e viceversa per abbassare un oggetto bisognava avere una carica di energia in cui immagazzinare tutti quei chilogrammetri, per trasportare invece orizzontalmente lo stesso oggetto bastava sollevarlo, sì, e poi lasciarlo fluttuare, e lui arrivava, senza energia né spinta, da Los Angeles a San Francisco o viceversa, come un pattinatore che scivola sul ghiaccio. Magnifico!

Cercai di studiare la teoria, ma cominciava dove finisce il calcolo sensoriale, perciò rinunciai.

Quanto alla frivolezza che mi aveva colpito, eccola: gli abiti delle donne. Mio nonno, nato nel 1890, sarebbe probabilmente rimasto allibito di fronte alla moda del 1970 come rimasi allibito io nel veder quello che riuscivano a fare le donne nel 2000 con la Sticktite.

Comunque, nel complesso, me la cavavo, anche se qualche volta mi trovavo spaesato, e avrei gradito un po’ di compagnia. Rimpiangevo più che mai Pete e Ricky, e anche i bei giorni in cui l’amicizia con Miles non era ancora stata guastata dall’intrusione di Belle.

Nei primi del 2001, convinto ormai di essere al corrente con la meccanica moderna, mi sentii riprendere dall’estro dell’inventore mai sopito in me. Il mondo era pieno di nipoti e pronipoti del mio Servizievole Sergio, usati in tutti i campi e con le più svariate mansioni, ma c’era ancora qualche lacuna da colmare: per esempio una segretaria per ufficio, automatica. Sì, qualcuno aveva inventato una macchina da scrivere cui bastava dettare per veder uscire le parole sul foglio, ma si trattava di un numero limitato di parole che andavano pronunciate con la massima chiarezza per non generare confusione. Io invece pensavo che con le valvole mnemoniche perfezionate, e l’oro come materiale di lavorazione meccanica, avrei potuto racchiudere in poco spazio i suoni chiave di tutte le parole più importanti di uso comune in commercio e nell’industria. Infatti chi si sognerebbe di dettare a una segretaria parole come ordalia o obnubilato? La mia Daisy Dattilografa avrebbe fatto scintille! Ma bisognava che prima facessi io un po’ di pratica: le idee brillanti non bastavano. Perciò decisi di cercare un lavoro più qualificato di quello che svolgevo attualmente. Per esempio potevo fare il disegnatore, tanto per cominciare.


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