Sapevo che erano in uso tavoli da disegno semiautomatici: ne avevo visto il disegno e la descrizione, anche se non avevo ancora avuto occasione di vederne uno da vicino.

Ero certo che mi sarebbero bastati pochi minuti per impararne l’uso in quanto, in linea di massima, erano stati costruiti secondo il progetto che avevo avuto in mente anch’io una volta, anche se, nel caso specifico, non potevo dire che l’idea mi era stata rubata, come era avvenuto invece nel caso del Servizievole Sergio. Qualcuno aveva avuto la mia stessa idea, ecco tutto, solo che quel qualcuno aveva avuto tempo e modo per realizzarla prima di me.

Quelli della Aladino, la stessa ditta che produceva Pronto-agli-Ordini, fabbricavano anche uno dei migliori tipi di macchine da disegno: Dino Disegnatore. Diedi fondo ai miei risparmi per acquistare un abito nuovo e una cartella di seconda mano, riempii quest’ultima di giornali, e mi presentai al reparto vendita della Aladino, chiedendo che mi dessero una dimostrazione del funzionamento della macchina, poiché volevo acquistarne una.

Ma non appena mi trovai davanti a un modello di Dino Disegnatore provai una sensazione strana e sconvolgente. Gli psicologi la chiamano già visto. Quel maledetto tavolo infatti era identico in tutti i particolari al tipo che avevo progettato io mentalmente, senza avere avuto il tempo di realizzarlo per colpa del Lungo Sonno.

Non chiedetemi cosa provassi esattamente, né perché fossi così sicuro. Sta di fatto che uno conosce il proprio stile, e un bravo progettista firma la sua opera così come fanno un pittore o un musicista.

Dino Disegnatore aveva tutte le caratteristiche della mia tecnica, così evidenti, inoltre, da turbarmi profondamente e da costringermi a pensare se la telepatia non c’entrasse per qualche cosa.

Non mi dimenticai di guardare il numero del primo brevetto e non fui affatto sorpreso nel vedere che risaliva al 1970.

Decisi lì per lì di scoprire chi aveva inventato quella macchina, pensando che potesse trattarsi di qualche mio antico professore da cui avevo ereditato lo stile, o di qualche mio compagno, nel qual caso poteva darsi che fosse ancora vivo, e allora m’avrebbe fatto piacere parlare con lui.

La voce del commesso che continuava a illustrarmi le particolarità della macchina mi distolse da questi pensieri per riportarmi alla realtà immediata. Io e Dino Disegnatore eravamo fatti l’uno per l’altro, e dopo dieci minuti da che l’avevo visto sarei stato capace di farlo funzionare a occhi chiusi, non solo, ma di spiegare come era fatto. Dopo essermi fatto dare i volantini pubblicitari, le modalità di pagamento, ecc, me ne andai promettendo che ci avrei pensato su. Il commesso ci restò male e io mi vergognai un po’ di avergli giocato quel tiro, ma nelle condizioni in cui mi trovavo non avrei potuto fare altrimenti. Dal reparto vendita mi diressi all’ufficio personale per chiedere un posto.

Sapevo che Belle e Miles non avevano più niente a che fare con la Domestica Perfetta da chissà quanti anni. Dal giorno del mio risveglio non avevo fatto che cercarli, loro due e Ricky, appena il lavoro e lo studio me ne lasciavano il tempo. Avevo così potuto scoprire che non risiedevano a Los Angeles, né in alcun’altra località degli Stati Uniti. Avevo infatti incaricato un’agenzia privata d’investigazione di fare ricerche, promettendo di pagare quattro volte la tariffa se avessero scoperto Belle, che feci ricercare sia sotto il nome di Darkin sia sotto quello di Gentry. Le ricerche furono lunghe e complesse, ma non approdarono a niente. Mi rivolsi allora alla Banca d’America, alla quale Ricky avrebbe dovuto affidare il pacchetto delle azioni, secondo quanto le avevo raccomandato nella lettera, e venni a sapere che la Banca non aveva mai ricevuto un plico del genere, in nessuna agenzia. Dunque quelle due brave persone erano riuscite a imbrogliare anche Ricky, povera piccola! Di lei seppi solo che aveva frequentato la scuola fino all’inizio del 1971, secondo quanto risultava negli archivi del Sovrintendente all’istruzione del Deserto di Mojave, e nient’altro. Dopo di allora, pareva che fosse scomparsa. Rinunciai a ulteriori ricerche, perché negli Stati Uniti ci sono milioni di scuole e di collegi, e ci sarebbe voluto troppo tempo e troppo denaro per continuare le ricerche. In mezzo a un quarto di miliardo di persone, una ragazzina scompare con la facilità di un ago in un pagliaio.

Comunque, il fallimento delle mie ricerche mi consentì di cercare un impiego presso la Domestica Perfetta con la certezza di non ritrovarmi fra i piedi né Miles né Belle. Avrei potuto, è vero, cercare lavoro in qualcun’altra delle mille aziende che si dedicavano alla fabbricazione di apparecchi automatici, ma la Domestica Perfetta e l’Aladino erano le più rinomate.

Il 5 marzo 2001 mi recai quindi all’ufficio personale della Domestica Perfetta, riempii una dozzina di formulari, e l’impeccabile impiegato (non automatico) cui li consegnai arricciò il naso nel leggere la data del mio diploma di laurea.

— Risale a oltre trent’anni fa — disse — e non vale niente, se in tutto questo tempo non vi siete tenuto al corrente.

Io gli feci notare che ero una talpa.

— Questo, caso mai, peggiora la situazione. Comunque non assumiamo persone che abbiano superato il quarantanovesimo anno di età.

— Ma io ho solo trent’anni! — protestai.

— Mi spiace, ma qui vedo che siete nato nel 1940.

— E allora che cosa dovrei fare? Spararmi?

— Se fossi in voi farei domanda per avere la pensione.

Me ne andai prima di dirgli cosa avrei fatto io se fossi stato in lui, e dopo essermi calmato con una passeggiata rientrai alla sede della società dall’ingresso principale, chiedendo del Direttore Generale.

M’ero assicurato in precedenza che si chiamava Curtis.

Riuscii a superare le prime due guardie del corpo insistendo che avevo un affare urgente da discutere con lui (la Domestica Perfetta non usava i suoi automi come impiegati, ma gente in carne e ossa) e solo quando fui nell’anticamera del grand’uomo, un tipo inflessibile volle sapere a tutti i costi di che affare si trattava.

Allora mi venne un’ispirazione. Facendo una grinta feroce, e urlando con piglio deciso, dissi: — Voglio sapere direttamente da lui che cosa vuole da mia moglie!

Un minuto dopo ero nell’ufficio del signor Curtis. Ci vollero mezz’ora e un mucchio di vecchie carte ripescate in archivio per convincerlo che la storia della moglie era uno stratagemma e che io ero il fondatore della ditta che lui ora dirigeva.

— Credevamo che foste morto — dichiarò Curtis. — In effetti così risultava dai nostri atti.

— Si tratterà d’un caso di omonimia — risposi.

Galloway, il direttore alle vendite, che era presente, intervenne in quel momento per chiedermi: — E adesso che cosa fate, signor Davis?

— Niente di interessante… Sono nel ramo automobili, ma ho intenzione di lasciarlo presto. Perché?

— Perché? Ma è chiaro! — Rivolgendosi a un altro papavero presente, il direttore tecnico Mac Bee, Galloway disse: — Hai sentito, Mac? Voi tecnici siete tutti uguali. Non valete un soldo nel ramo commerciale… Il signor Davis mi chiede: perche? Ma non capite che pubblicità potete essere per noi, signor Davis? Il Fondatore Torna dalla Tomba per Rivedere le Sue Creature. L’inventore del Primo Automa Servitore Osserva i Frutti del Suo Genio, e via di questo passo.

— No, aspettate un momento — dissi io in fretta. — Non sono né un manichino pubblicitario né una stella del cinema. Tengo alla mia intimità e sono un uomo riservato. Non sono venuto per questo… sono venuto perché mi diate un lavoro da tecnico.

Il signor Mac Bee inarcò le sopracciglia ma non fece commenti.

Seguì qualche minuto di confusione, durante i quali tutti volevano parlare. Finalmente Curtis ebbe il sopravvento, e disse: — Sentite, signor Davis, non potete negare di essere in una posizione particolarissima. Si può dire che voi non avete fondato solo questa azienda ma tutta l’industria similare. Tuttavia, come il signor Mac Bee può dimostrarvi, questa industria ha fatto passi da gigante nel periodo in cui voi eravate immerso nel Lungo Sonno. Per accontentarvi, potremmo mettervi nel ruolino paga con l’incarico di… vediamo un po’… di tecnico emerito delle ricerche.


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