Ecco che cosa aveva attirato l’interesse di Quiicc. Adesso sì che ci sarebbe stato da divertirsi. E come sarebbe piaciuto sulla Terra! Sarebbe riuscito ad arrivare fin là prima che gli altri se n’accorgessero? Sì… ce l’aveva fatta! Con un ultimo balzo Quiicc era saltato nella buca, e col triplice becco aveva addentato una foglia della pianta appena interrata con tante cerimonie e tanta cura. Sicuramente Quiicc doveva pensare che i suoi amici erano stati molto gentili a darsi tanta pena per lui… Oppure sapeva di fare un dispetto e lo faceva apposta? Si era avvicinato con tanta cautela da far escludere che avesse agito in perfetta innocenza. In ogni caso l’operatore non intendeva mancare una occasione così bella: ne sarebbe risultata una scena molto divertente. Per un attimo girò la macchina a inquadrare Hadfield e gli altri ancora intenti a congratularsi per l’opera che Quiicc stava rapidamente distruggendo.

Ma era troppo bello per durare. Gibson si accorse di quello che stava succedendo e lanciò un urlo che fece trasalire tutti, poi si precipitò su Quiicc il quale, data una rapida occhiata intorno e visto che non c’era nessun posto dove nascondersi, decise di restarsene immobile, assumendo un’aria d’innocenza calunniata. Quindi si lasciò trascinare via senza opporre resistenza, nonostante che Gibson per punirlo lo allontanasse dalla scena del crimine tirandolo per un orecchio. Un gruppo di esperti si raccolse preoccupato intorno all’alga aerea, ma subito si constatò, con grande sollievo di tutti i presenti, che i danni subiti dalla piccola pianta non erano gravi.

Era stato un incidente banale, e in quel momento nessuno pensò che potesse avere qualche conseguenza. Tuttavia era destinato a ispirare a Gibson una delle sue trovate più brillanti e più efficaci, anche se lui in quel momento non se ne rese conto.

Per Martin Gibson l’esistenza era diventata a un tratto estremamente complicata ma anche estremamente interessante.

Era stato tra i primi a vedere Hadfield dopo la fortunata realizzazione del Progetto Aurora. Il Presidente l’aveva fatto chiamare, e benché avesse potuto concedergli solo pochi minuti del suo tempo prezioso, quei minuti erano stati tuttavia sufficienti per mutare l’avvenire di Gibson.

«Mi spiace di avervi fatto aspettare tanto» gli disse Hadfield, «ma ho ricevuto dalla Terra la risposta che vi riguarda proprio mentre stavo per partire. Dicono che potete restare purché veniate assorbito nella nostra struttura amministrativa, per usare un’espressione ufficiale. E poiché l’avvenire della nostra struttura amministrativa dipendeva in gran parte dall’esito del Progetto Aurora ho ritenuto più opportuno aspettarne i risultati per parlarvi.»

Finalmente dall’animo di Gibson era stato tolto il peso dell’incertezza. Finalmente sapeva, anche se restare lì si fosse rivelato un errore.

Aveva presa la sua strada e adesso non poteva più tirarsi indietro. Si era ormai definitivamente schierato per Marte: avrebbe partecipato con la colonia alla lotta per ricreare quel mondo che cominciava appena a ridestarsi dal suo sonno.

«E che incarico mi affidate?» chiese con una certa ansia.

«Ho deciso di regolarizzare il vostro status ufficioso» rispose Hadfield con un sorriso.

«Come sarebbe a dire?»

«Ricordate che cosa vi ho detto durante il nostro primo incontro? Allora vi chiesi di aiutarci, spiegando alla Terra non soltanto i fatti nudi e crudi relativi alla nostra situazione ma illustrando anche lo spirito che ispira i nostri atti, le ragioni che ci hanno spinti a creare una nuova possibilità di vita quassù. Mi è molto dispiaciuto di avervi dovuto tenere nascosto il Progetto Aurora, ma dato il mestiere che fate sarebbe stato molto più duro per voi lavorare sapendo, e dovendo tacere, che non ignorando. Non siete d’accordo con me?»

Gibson non aveva visto le cose sotto questo punto di vista, ma intuì che il presidente in fondo aveva ragione.

«Mi ha molto interessato» proseguì Hadfield, «notare i risultati ottenuti dai vostri articoli e dai vostri servizi radiofonici. Forse non sapete che abbiamo un metodo molto sicuro per saggiare tali risultati.»

«E quale sarebbe?» chiese Gibson, sorpreso.

«Non lo indovinate? Ogni settimana circa diecimila persone, sparse su tutta la superficie della Terra, decidono di trasferirsi su Marte, e di queste diecimila il tre per cento superano le prove preliminari. Da quando sono cominciati ad apparire regolarmente i vostri articoli la cifra delle richieste settimanali è salita a quindicimila, e tende ad aumentare.»

«Oh!» esclamò Gibson, fattosi improvvisamente pensoso. Quindi scoppiò a ridere. «E pensare» aggiunse, «che non volevate che venissi su Marte.»

«Tutti possono commettere errori, ma io ho imparato a trarre profitto dai miei» disse Hadfield sorridendo. «Per farla breve, vorrei che dirigeste una piccola sezione che, per parlar chiaro, funzionasse come nostro ufficio di propaganda. Naturalmente troveremo una definizione più simpatica, ma in poche parole vorremmo che voi pubblicizzaste Marte. Oggi i vantaggi sono maggiori di ieri, dato che adesso abbiamo qualcosa di tangibilmente interessante da mettere in mostra nella nostra vetrina. Se riuscirete a convincere un numero sufficiente di persone a emigrare quassù allora la Terra sarà costretta a fornirci la flotta interplanetaria di cui abbiamo tanto bisogno. E più presto questo succederà, più presto potremo garantire alla Terra di essere in grado di fare da soli. Qual è la vostra risposta?»

Gibson provò un attimo di delusione. In fondo non cambiava niente: avrebbe continuato nello stesso trantran. Ma il Presidente aveva ragione, quello era l’unico modo in cui avrebbe veramente potuto aiutare Marte.

«Va bene, accetto» disse alla fine. «Datemi soltanto una settimana per sistemare le mie faccende terrestri e sbrigare gli impegni che ho attualmente in sospeso.»

Certo una settimana soltanto era poco, ma era anche la maniera migliore per dare un taglio netto. Chissà come avrebbe reagito Ruth. Probabilmente avrebbe pensato che era impazzito, e forse era così.

«La notizia che restate qui» riprese Hadfield in tono soddisfatto «susciterà un enorme interesse e favorirà sicuramente la nostra campagna. Non avete niente in contrario a che dia subito l’annuncio?»

«Niente.»

«Molto bene. Whittaker vorrebbe scambiare due parole con voi su alcune questioni marginali. Voi sapete, vero, che il vostro stipendio corrisponderà a quello di un funzionario amministrativo di seconda classe con la vostra età?»

«Sì, l’avevo immaginato» disse Gibson. Non aggiunse, perché non era necessario, che per lui questo era di importanza secondaria. Il suo stipendio su Marte, per quanto inferiore a un decimo del suo reddito, sarebbe stato lo stesso più che sufficiente per permettergli di vivere su un pianeta dove i lussi erano quasi ignorati. Non era ancora certo sul modo in cui impiegare i suoi crediti terrestri, ma senza dubbio sarebbe riuscito a servirsene per contrabbandare qualcosa tra un viaggio interplanetario e l’altro.

Dopo una lunga seduta con Whittaker, il quale per poco non distrusse l’entusiasmo di Gibson a forza di lamentele sulla mancanza di personale e altre difficoltà, il giornalista passò il resto della giornata a spedire una decina di telegrammi. Il più lungo fu per Ruth, e trattò soprattutto, anche se non esclusivamente, di questioni d’affari. Ruth aveva spesso magnificato la stupefacente varietà di cose che lei riusciva a fare col suo dieci per cento, e Gibson si chiese come avrebbe reagito adesso alla sua richiesta di impiegare parte del suo tempo per tenere d’occhio un certo James Spencer, occupandosi di lui in linea generale quando il ragazzo si fosse trovato a New York, cosa che sarebbe accaduta di frequente dal momento che il ragazzo avrebbe completato i suoi studi al Corso Superiore d’Ingegneria Astronautica.


Перейти на страницу:
Изменить размер шрифта: