Forse avrebbe semplificato le cose se le avesse detto la verità, ma probabilmente Ruth avrebbe indovinato da sola. Parlarne prima con Ruth sarebbe stata tuttavia una slealtà nei confronti di Jimmy, e Gibson aveva deciso che il ragazzo doveva essere il primo a sapere. C’erano momenti in cui la tentazione di dirgli tutto era talmente grande da fargli aspettare quasi con gioia la separazione imminente. Ma Hadfield aveva ragione, come sempre. Aveva aspettato un’intera generazione, poteva aspettare ancora un po’. Se gli avesse rivelato adesso la verità, Jimmy avrebbe potuto restarne scosso e offeso, e questo avrebbe persino potuto provocare la rottura del suo fidanzamento con Irene. Gli avrebbe confessato la verità quando i due giovani si fossero sposati, in un momento in cui sarebbero ancora stati al riparo dalle emozioni e dalle delusioni che fatalmente il mondo esterno distribuisce con mano pesante.
Era una vera ironia della sorte che dopo avere finalmente e così inaspettatamente trovato un figlio, dovesse ora perderlo di nuovo, ma forse questa era una parziale punizione per l’egoismo e la mancanza di coraggio dimostrati da lui vent’anni prima. Ma il passato era passato, e adesso bisognava guardare al futuro.
Jimmy sarebbe ritornato su Marte non appena avesse potuto, su questo non c’era dubbio. E se a Gibson venivano a mancare l’orgoglio e le soddisfazioni della paternità, avrebbe potuto trovare in seguito un compenso nella nascita dei figli di Jimmy e di Irene su un mondo che avrebbe contribuito personalmente a creare. Per la prima volta, Gibson aveva un avvenire a cui guardare con interesse ed emozione. Un avvenire che non sarebbe più stato una monotona ripetizione del passato.
La Terra scagliò i suoi fulmini quattro giorni dopo. Gibson ne ebbe il primo sentore quando vide il titolo a caratteri di scatola sulla prima pagina del Tempo Marziano. Per un attimo quelle due parole lo colpirono talmente che non ebbe neppure la forza di leggere l’articolo che seguiva.
"Riceviamo ora la notizia che l’Ufficio per gli Sviluppi interplanetari ha chiesto al Presidente di rientrare sulla Terra a bordo dell’Ares che lascerà Deimos fra quattro giorni. Non è stata data nessuna spiegazione del richiamo."
Tutto qui, ma la notizia mise in subbuglio Marte. Non era stata data nessuna spiegazione, ma non ce n’era bisogno, lo sapevano tutti per quale motivo la Terra richiamava Hadfield.
«Che ne dici di questa storia?» disse Gibson a Jimmy passandogli il giornale mentre erano seduti a fare colazione.
«Gran Dio!» esclamò Jimmy. «Chissà che pasticcio succederà adesso! Secondo voi cosa farà il Presidente?»
«Che cosa vuoi che faccia?»
«Potrebbe rifiutarsi di partire. Quassù lo difenderebbero tutti energicamente.»
«Servirebbe soltanto a peggiorare le cose. Hadfield partirà sicuramente. Non è tipo da evitare le battaglie.»
Gli occhi di Jimmy s’illuminarono di colpo.
«Ma questo significa che partirà anche Irene.»
«Potrebbe essere» disse Gibson ridendo. «In questo caso sarà una riprova del detto secondo il quale da un male spesso nasce un bene. Ma non ci contare troppo. Può darsi invece che Irene rimanga qua.»
Era un’ipotesi estremamente improbabile, però: Irene non avrebbe lasciato solo il padre in un momento tanto difficile.
Nonostante tutto il lavoro che doveva fare Gibson andò all’Amministrativo dove trovò tutti in uno stato in cui si mescolavano ansia e sdegno. Sdegno per il trattamento riservato dalla Terra al Presidente. Ansia perché nessuno sapeva ancora quale linea di condotta avrebbe seguito Hadfield.
Il Presidente era andato in ufficio molto presto e fino a quel momento non aveva ancora parlato con nessuno tranne Whittaker e la sua segretaria privata. Chi aveva potuto vederlo di sfuggita dichiarava però che per essere un uomo praticamente caduto in disgrazia aveva un aspetto incredibilmente allegro.
Gibson stava rimuginando queste notizie mentre compiva un piccolo giro vizioso per andare al laboratorio biologico. Da due giorni non vedeva il suo amico marziano, e ne provava un certo rimorso per averlo trascurato. Nel percorrere la Regent’s Street si chiese quale linea di difesa Hadfield avrebbe seguito per sostenere il suo operato. Adesso finalmente capiva il significato del commento che Jimmy gli aveva sentito fare. Il successo era ancora molto lontano, come aveva detto lo stesso Hadfield. Ci sarebbe voluto almeno mezzo secolo per portare alla sua conclusione il Progetto Aurora, anche supponendo di ricevere dalla Terra il massimo contributo. Ora, questo contributo era essenziale, e Hadfield avrebbe fatto l’impossibile per non mettersi contro il pianeta d’origine. La cosa migliore che Gibson poteva tare per venirgli in aiuto era di coprirlo con un fuoco protettivo a lungo raggio dal suo ufficio propaganda.
Come sempre Quiicc fu felice di vederlo anche se Gibson lo salutò con minore effusione del solito. Come faceva invariabilmente, il giornalista offrì a Quiicc un frammento di alga aerea sottratto alle provviste tenute in laboratorio. Quel gesto macchinale evidentemente fece affiorare dal suo subconscio un’idea improvvisa. Si fermò di colpo e si volse al biologo capo.
«Mi è venuta in mente proprio adesso un’idea straordinaria» disse. «Vi ricordate di avermi parlato dei trucchi che eravate riuscito a insegnare a Quiicc?»
«Altro che insegnargli! Il problema adesso consiste nel fargli smettere d’imparare troppe cose.»
«Mi avevate anche detto di essere quasi certo che i Marziani sono in grado di comunicare tra loro, esatto?»
«Ecco, la commissione inviata nel loro habitat ha dimostrato che sono dotati di pensiero semplice, nonché di idee astratte quale ad esempio il concetto di colore. Ma questo non dimostra gran che. Anche le api sono dotate delle stesse facoltà.»
«Allora ditemi un po’ cosa ne pensate di questa mia idea. Perché non insegnare loro a coltivare l’alga aerea al nostro posto? Loro sono enormemente in vantaggio rispetto a noi. Possono trasferirsi a piacere in qualsiasi punto di Marte, mentre noi dobbiamo continuamente ricorrere alle macchine. Non è necessario che sappiano quello che fanno. Noi li riforniremo semplicemente di polloni… è così che l’alga si propaga, vero?, insegneremo loro la tecnica necessaria, e provvederemo in seguito a ricompensarli.»
«Un momento. L’idea è ottima, ma non vi pare di aver trascurato alcuni punti essenziali? Forse potremo addestrarli nel modo suggerito da voi. Abbiamo appreso elementi sufficienti della loro psicologia per riuscirci, ma mi permetto di farvi notare che, compreso Quiicc, a quanto ci risulta gli esemplari esistenti sono solo dieci.»
«Ho pensato anche a questo» disse Gibson con impazienza. «Ma non credo che il gruppo da me scoperto sia l’unico esistente. Certo devono essere piuttosto rari, ma saranno almeno centinaia, se non migliaia, sparsi qua e là per il pianeta. Io proporrei una ricognizione fotografica aerea di tutte le foreste di oxyfera, non dovrebbe essere difficile individuare le loro radure. In ogni caso si può tenere conto di un’altra possibilità: ora che si trovano in condizioni di vita più favorevoli, cominceranno senza dubbio a moltiplicarsi rapidamente, come già accade per la flora marziana. Pensate che secondo le vostre stesse cifre, anche se fosse lasciata a se stessa, l’oxyfera potrebbe ricoprire tutte le regioni equatoriali in meno di quattrocento anni. Ora se noi e i Marziani la aiutiamo a propagarsi si riuscirebbe ad anticipare di molto i risultati del Progetto Aurora.»
Il biologo scosse la testa con aria dubbiosa, tuttavia incominciò a fare certi suoi calcoli su un taccuino. Quando ebbe finito si tormentò le labbra coi denti.
«Ecco… così sui due piedi non posso affermare che sia possibile o impossibile» disse. «Sono troppi i fattori ignoti, tra cui, più importante di tutti, il tasso di riproduzione di queste creature. A proposito, sapete che sono marsupiali? Questo punto è stato appena confermato.»