Era l’individuo, comunque, a decidere ciò che era necessario e ciò che non lo era. Shevek e Takver si scrissero regolarmente, cirta una volta ogni decade. Egli scrisse:

Il viaggio non è stato male, tre giorni, un treno passeggeri senza soste. È un grosso assegnamento, tremila persone, dicono. Gli effetti della siccità sono molto peggiori, qui. Non però le carenze. Il cibo della mensa è la stessa razione di Abbenay, ma qui danno foglie di gara bollite a tutt’e due i pasti ogni giorno perché ce n’è un’eccedenza locale. Anche noi cominciamo a credere di averne un’eccedenza. Ma è il clima, qui, che è brutto. Qui siamo nella Polvere. L’aria è secca, e il vento soffia sempre. Ci sono brevi piogge, ma meno di un’ora dopo la fine della pioggia il terreno si sgretola e la polvere comincia ad alzarsi. Qui, in questa stagione, è piovuto meno della metà della media degli scorsi anni. Tutti al Progetto hanno le labbra screpolate, il naso che sanguina, gli occhi irritati e la tosse. Tra la gente che vive a Fonti Rosse c’è un mucchio di tosse da polvere. Per i bambini piccoli è particolarmente dura, ne vedo molti con la pelle e gli occhi infiammati. Mi domando se avrei notato la cosa mezzo anno fa. Si diventa più acuti quando si hanno dei figli. Il lavoro è lavoro, e tutti sono amici, ma il vento secco ti stanca. Ieri sera ho pensato ai Ne Theras, e nella sera il suono del vento era come il fruscio del ruscello. Non rimpiangerò questa separazione. Mi ha permesso di vedere che avevo cominciato a dare di meno, come se ti possedessi e tu possedessi me, e non ci fosse altro da fare. In realtà, non ha niente a che vedere con il possesso. La cosa che noi facciamo è affermare l’integrità del Tempo. Dimmi cosa fa Sedik. Nei giorni liberi tengo un corso a gente che me l’ha chiesto; una ragazza è un matematico naturale che raccomanderò all’Istituto. Tuo fratello, Shevek.

Takver gli scrisse:

Sono preoccupata da una cosa molto strana. Le lezioni del terzo trimestre sono state assegnate tre giorni fa, e sono andata a vedere i tuoi turni all’Istituto, ma non era segnata nessuna classe e nessuna aula per te. Pensavo che avessero lasciato fuori il tuo nome per un errore, così sono andata alla Federativa dei Membri e lì mi hanno detto che ti volevano dare la classe di Geometria. Sono allora andata all’ufficio di Coordinamento dell’Istituto da quella vecchia col nasone e lei non sapeva nulla, no, non so nulla, vai all’Ufficio Centrale delle Assegnazioni! Questa è un’assurdità, le ho detto, e sono andata da Sabul. Ma non era negli uffici di Fisica e io non l’ho ancora visto, anche se ci sono già passata altre due volte. Con Sedik che ha un bellissimo cappellino bianco che Tellus le ha fatto all’uncinetto con filo di recupero e ha un’aria spaventosamente seducente. Mi rifiuto di andare a caccia di Sabul nella stanza, o tana da vermi, o quel che è, in Cui abita. Magari è fuori città a fare lavoro volontario, ah, ah! Forse ti conviene telefonare all’Istituto per scoprire che razza di pasticcio abbiano combinato? In realtà sono poi andata all’Ufficio Centrale delle Assegnazioni della Divisione del Lavoro, e non c’erano nuovi posti per te. La gente laggiù era a posto, ma la vecchia col nasone è inefficiente e non dà una mano, e nessuno si interessa di nulla. Bedap ha ragione, abbiamo permesso che la burocrazia si insinuasse tra noi. Per favore, ritorna (con la ragazza genio matematico, se necessario), perché la separazione è istruttiva, d’accordo, ma la tua presenza è l’istruzione che io desidero. Prendo mezzo litro di succo di frutta con razione di calcio ogni giorno perché cominciava a mancarmi il latte e S. piangeva molto. I buoni dottori! Tutta, sempre, T.

Shevek non ricevette mai questa lettera. Aveva già lasciato l’Altipiano del Sud prima che la lettera arrivasse alla stazione postale di Fonti Rosse.

C’erano circa 4000 chilometri da Fonti Rosse ad Abbenay. Un singolo individuo che si fosse trasferito si sarebbe semplicemente limitato a farsi dare un passaggio, poiché tutti i veicoli per il trasporto merci erano disponibili come veicoli passeggeri per tutte le persone che potevano contenere; ma poiché c’erano da ridistribuire al loro regolare assegnamento nel Nordovest circa 450 persone, venne allestito un treno per loro. Era composto di carri passeggeri, o almeno di carri che venivano usati come carri passeggeri per l’occasione. Il meno richiesto era il carro coperto che aveva recentemente trasportato un carico di pesce affumicato. Dopo un anno di siccità, le normali linee di trasporto risultavano insufficienti, nonostante i notevoli sforzi dei lavoratori del trasporto per soddisfare alla domanda. Essi costituivano la più vasta federativa della società Odoniana: auto-organizzata, naturalmente, in gruppi regionali, coordinati da rappresentanti che si incontravano e lavoravano con i CDP locali e centrali. La rete della federativa dei trasporti era efficace in tempi normali e anche in limitate emergenze; era flessibile, adattabile alle circostanze, e gli Addetti ai Trasporti avevano un grande orgoglio professionale e di gruppo. Davano alle locomotive e ai dirigibili nomi come Indomabile, Resistente, Divora-Vento; avevano dei motti — Noi Arriviamo Sempre; Nulla È Troppo! — ma ora che intere regioni del pianeta erano minacciate di carestia immediata se non fosse stato portato cibo da altre regioni, e che occorreva trasportare grandi chiamate d’emergenza di lavoratori, il peso che gravava sui trasporti cominciava a essere troppo. Non c’erano veicoli sufficienti, non c’erano sufficienti persone per condurli. Ogni cosa che la federativa avesse su ruote o in volo venne messa in servizio, e apprendisti, lavoratori in ritiro, volontari e assegnati d’emergenza aiutarono a equipaggiare i furgoni, i treni, le navi, i porti, i cantieri.

Il treno che portava Shevek andava avanti a forza di brevi corse e lunghe attese, poiché tutti i treni che portavano vettovaglie avevano la precedenza su di esso. Poi si fermò totalmente per venti ore. Un ferroviere stanco o inesperto aveva fatto un errore in uno scambio, e c’era un guasto alla linea.

La piccola città dove il treno s’era fermato non aveva cibo fuori razione nelle mense o nei magazzini. Non era una comunità agricola, ma una cittadina industriale in cui si fabbricavano cemento e pomice artificiale, costruita sulla fortunata confluenza di un deposito di calcare e di un fiume navigabile. C’erano degli orti, ma era una città che dipendeva dal trasporto per le provviste alimentari. Se le quattrocentocinquanta persone del treno avessero mangiato, non avrebbero mangiato le cento e sessanta persone locali. Idealmente, avrebbero dovuto condividere tutti, e tutti mangiare a metà e digiunare a metà, insieme. Se ci fossero state sul treno cinquanta, o anche cento persone, la comunità avrebbe fatto loro almeno un’infornata di pane. Ma quattrocentocinquanta? Se ne avessero dato una razione a un numero così elevato di persone, ne sarebbero rimasti privi per giorni. E sarebbe ancora giunto il treno delle provviste, in giorni come quelli? E quanto grano avrebbe portato? Non diedero nulla.

I passeggeri, che quel giorno non avevano mangiato nulla a colazione, dovettero digiunare per sessanta ore. Non consumarono un pasto finché la linea non fu riparata e il loro treno non ebbe percorso altri duecentocinquanta chilometri, fino a una stazione con refettorio rifornito per passeggeri.

Fu la prima esperienza della fame per Shevek. A volte aveva saltato il pasto quando era al lavoro, perché non voleva perdere tempo a mangiare, ma due pasti completi al giorno erano sempre stati disponibili: costanti come l’alba e il tramonto del sole. Non gli era mai occorso di pensare a quel che si poteva provare essendo costretti a farne a meno. Nessuno della sua società, nessuno al mondo, doveva farne a meno.


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