Egli fece un pallido sorriso. — Con un taxi.

— Superando tutti i posti di blocco? E con addosso quel cappotto macchiato di sangue? E tutti conoscono la sua faccia.

— Ero nascosto sotto il sedile posteriore. Il taxi era stato requisito, si dice così? È stato un rischio che alcune persone si sono volute assumere per me. — Abbassò gli occhi sulle proprie mani, che teneva strette in grembo. Era perfettamente tranquillo e parlava con voce calma, ma c’era una tensione interna, uno sforzo, che traspariva nei suoi occhi e nelle linee intorno alla sua bocca. Meditò per un istante, poi proseguì nello stesso modo distaccato: — È stata fortuna, all’inizio. Quando sono uscito dal nascondiglio, ho avuto la fortuna di non essere arrestato subito. Comunque, arrivai alla Città Vecchia. E di lì in poi non fu soltanto fortuna. Si chiesero dove potessi andare, studiarono il modo di farmi arrivare qui, corsero rischi. — Disse una parola nella propria lingua, poi la tradusse: — Solidarietà…

— È molto strano — disse l’Ambasciatore della Terra. — Non conosco quasi nulla del suo mondo, Shevek. So soltanto ciò che ci hanno detto gli urrasiani, dato che il suo popolo non ci permette di scendere. So, naturalmente, che il pianeta è arido e spoglio, e so il modo in cui è stata fondata la colonia, che è un esperimento di comunismo non autoritario, che sopravvive da centosettant’anni. Ho letto qualcosa degli scritti di Odo… non molto. Pensavo che tutto questo non fosse molto importante per ciò che accade oggi su Urras, che fosse una cosa lontana, un interessante esperimento. Ma sbagliavo, vero? È davvero importante. Forse Anarres è la chiave per capire Urras… I rivoluzionari di Nio: vengono dalla stessa tradizione. Non scioperavano soltanto per salari migliori o per protestare contro la coscrizione. Non sono soltanto socialisti, sono anarchici: scioperavano contro il potere. Capisce, la dimensione della dimostrazione, l’intensità del sentimento popolare, e la reazione di panico del governo, tutto sembrava molto difficile da comprendere. Perché tanta agitazione? Il governo di qui non è dispotico. I ricchi sono molto ricchi, certo, ma i poveri non sono poi così poveri. Non sono né schiavi né ridotti alla fame. Perché non si accontentano del pane e dei discorsi? Perché sono così sensibili?… Ora comincio a capire il perché. Ma la cosa che mi resta ancora inesplicabile è che il governo dell’A-Io, sapendo che questa tradizione libertaria era ancora viva, e conoscendo lo scontento che regnava nelle città industriali, la abbia portata ugualmente su Urras. Come avvicinare il fiammifero al barile della polvere!

— Non mi sarei mai dovuto avvicinare al barile della polvere. Dovevo rimanere lontano dal popolo, vivere tra gli scienziati e i ricchi. Non vedere i poveri. Non vedere nulla di brutto. Dovevo rimanere avvolto nella bambagia, in una scatola dentro una confezione dentro una cassa di cartone dentro una pellicola di plastica trasparente, come ogni cosa di qui. E lì dovevo essere felice di fare il mio lavoro: il lavoro che non potevo fare su Anarres. E quando l’avessi terminato, l’avrei dato a loro, in modo che potessero servirsene per minacciarvi.

— Minacciarci? La Terra, intende dire, e Hain e le altre potenze spaziali interstellari? Minacciarci di cosa?

— Di annullare lo spazio.

Ella rimase in silenzio per alcuni secondi. — È questa, la cosa che lei fa? — disse con la sua voce pacata, divertita.

— No. Non è quello che faccio io! In primo luogo, non sono un inventore, un ingegnere. Sono un teorico. La cosa che vogliono da me è una teoria. Una teoria del Campo Generale nella fisica temporale. Lei sa di che cosa si tratta?

— Shevek, la vostra fisica Cetiana, la vostra Nobile Scienza, è totalmente al di fuori della mia portata. Non ho studiato matematica, fisica, filosofia, e mi pare sia costituita di tutte queste cose, e della cosmologia, e d’altro ancora. Ma so cosa intende quando dice Teoria della Simultaneità, un po’ come so cosa si intende con Teoria della Relatività; cioè, so che la teoria della relatività ha condotto a certi risultati pratici assai notevoli; e quindi penso che la sua fisica temporale può rendere possibili certe conquiste tecnologiche.

Egli annuì. — La cosa che desiderano — disse, — è il trasferimento istantaneo di materia attraverso lo spazio. La transilienza. Viaggio spaziale, capisce, senza attraversamento di spazio o passaggio di tempo. Forse ci si arriverà; ma non con le mie equazioni, penso. Ma con le mie equazioni possono costruire l’ansible, se vogliono. Gli uomini non possono scavalcare il grande vuoto, ma le idee sì.

— Che cos’è l’ansible, Shevek?

— Un’idea. — Egli sorrise senza molta allegria. — Uno strumento che permetterà la comunicazione senza alcun intervallo di tempo fra due punti dello spazio. Lo strumento non trasmetterà messaggi, naturalmente; simultaneità è identità. Ma per la nostra percezione, quella simultaneità funzionerà come trasmissione, invio. Così potremo usarlo per parlare tra i mondi, senza le lunghe attese perché il messaggio vada e la risposta torni indietro, attese richieste dagli impulsi elettromagnetici. In realtà si tratta di una cosa molto semplice. Come una specie di telefono.

Keng rise. — La semplicità dei fisici! Così io potrei prendere l’… l’ansible?… e usarlo per parlare con mio figlio a Delhi? E con la mia nipotina, che aveva cinque anni quando sono partita, e che è vissuta per quindici anni mentre io viaggiavo dalla Terra a Urras in una nave a velocità prossima a quella della luce. E potrei sapere che cosa succede a casa adesso, e non undici anni fa. E si potrebbero prendere delle decisioni, fare degli accordi, e comunicare delle informazioni. Io potrei parlare ai diplomatici di Chiffewar, lei potrebbe parlare con i fisici di Hain, non occorrerebbe una generazione per trasmettere un’idea da un mondo all’altro… Lei sa, Shevek, credo che la sua cosa molto semplice potrebbe cambiare la vita di tutti i miliardi di persone dei nove Mondi Conosciuti?

Egli annuì.

— Renderebbe possibile una lega dei pianeti. Una federazione. Siamo stati sempre lontani a causa degli anni, dei decenni fra la partenza e l’arrivo, tra la domanda e la risposta. È come se lei avesse inventato il linguaggio umano! Possiamo parlare, finalmente possiamo parlare insieme.

— E che cosa vi direte?

La sua amarezza sorprese Keng. Ella lo guardò e non disse nulla.

Egli si piegò in avanti sulla poltrona e si strofinò dolorosamente la fronte. — Vede — disse, — devo spiegarle perché sono venuto da voi, e anche perché sono venuto su questo mondo. Sono venuto per l’idea. Per amore dell’idea. Per imparare, per insegnare, per condividere l’idea. Su Anarres, vede, ci siamo isolati. Non parliamo con l’altra gente, il resto dell’umanità. Laggiù non potevo terminare il mio lavoro. E se fossi stato capace di terminarlo, essi non l’avrebbero voluto, non sapevano cosa farsene. Perciò sono venuto qui. Qui c’è quello che cerco: parlare, condividere, un esperimento al Laboratorio che dimostra una cosa che non avrebbe dovuto dimostrare, un libro sulla Teoria della Relatività proveniente da un altro mondo, lo stimolo che mi occorre. E così ho finito il lavoro, finalmente. Non l’ho ancora scritto tutto per disteso, ma ho tutte le equazioni e i vari punti del ragionamento: è finito. Ma le idee che ho nella testa non sono le uniche idee importanti per me. Anche la mia società è un’idea. Io sono stato fatto da essa. Un’idea di libertà, di cambiamento, di solidarietà umana, un’idea importante. E anche se sono stato molto stupido, alla fine ho visto che portando avanti l’una, la fisica, tradivo l’altra. Permettevo ai proprietaristi di comprare la verità da me.

— Che altro poteva fare, Shevek?

— Non c’è alternativa al vendere? Non esiste una cosa come il donare?

— Sì…

— Non capisce che voglio darla a voi… e ad Hain e agli altri mondi… e alle nazioni di Urras. Ma a voi tutti! In modo che uno di voi non possa usarla, come vorrebbe fare l’A-Io, per ottenere potere sugli altri, per diventare più ricco o per vincere più guerre. In modo che non possiate usare la verità per il vostro profitto privato, ma soltanto per il bene comune.


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