Keng aveva sul viso un’espressione sorpresa e pensosa, forse leggermente confusa.

— Non capisco… non capisco — disse infine. — Lei è come qualcuno del nostro passato, gli antichi idealisti, i visionali della libertà; eppure non la capisco, come se lei cercasse di raccontarmi cose appartenenti al futuro; eppure, come lei dice, lei è qui, ora!… — Non aveva perso la sua acutezza. Disse, dopo qualche istante: — Allora, perché è venuto da me, Shevek?

— Oh, per darle l’idea. La mia teoria, lei sa. Per evitare ad essa di divenire una proprietà degli iotici, un investimento o un’arma. Se lei è disposta, la cosa più semplice sarebbe quella di trasmettere per radio le equazioni, darle ai fisici di tutto il mondo, e agli Hainiti e agli altri mondi, non appena possibile. Lei sarebbe disposta a farlo?

— Più che disposta.

— In tutto, basteranno poche pagine. Le dimostrazioni e parte delle implicazioni richiederebbero di più, ma queste possono venire in seguito, e altre persone potrebbero lavorarci sopra se non potessi farlo io.

— E che cosa farà, lei, dopo? Intende ritornare a Nio? La città è tranquilla, ora, almeno a quanto si può vedere; l’insurrezione sembra sconfitta, almeno per il momento; ma temo che il governo iotico la consideri un insurrezionista, Shevek. Ci sarebbe sempre il Thu, naturalmente…

— No, non voglio rimanere qui. Non sono un altruista! Se lei fosse disposta ad aiutarmi anche in questo, potrei tornare a casa. Forse gli iotici potrebbero essere disposti a mandarmi a casa, potrebbe essere. Sarebbe coerente, penso: farmi scomparire, negare la mia esistenza. Naturalmente, potrebbero giudicare più semplice provvedere alla cosa uccidendomi o mettendomi in prigione per tutta la vita. Io non voglio ancora morire, e soprattutto non voglio morire qui all’Inferno. Dove va la tua anima, se muori all’Inferno? — Rise; aveva riacquistato tutta la sua gentilezza di comportamento. — Ma se lei potesse mandarmi a casa, penso che tirerebbero un respiro di sollievo. Gli anarchici morti diventano dei martiri, lei lo sa, e continuano a vivere per secoli e secoli. Ma quelli assenti si possono dimenticare.

— Pensavo di sapere che cosa fosse il «realismo» — disse Keng. Sorrise, ma era un sorriso molto tirato.

— Come può, se non conosce la speranza?

— Non ci giudichi troppo duramente, Shevek.

— Io non vi giudico affatto. Io chiedo soltanto il vostro aiuto, e in cambio di questo aiuto non ho nulla da darvi.

— Nulla? Lei chiama «nulla» la sua teoria?

— Mettete sull’altro piatto della bilancia la libertà di un singolo spirito umano — egli disse, voltandosi verso di lei, — e quale dei due peserà di più? Lei può dirlo? Io no.

CAPITOLO 12

— Desidero presentare un progetto — disse Bedap, — del Gruppo dell’Iniziativa. Come sapete, siamo in contatto radio con Urras da una ventina di decadi…

— In opposizione ai suggerimenti di questo consiglio, alla Federativa della Difesa, e a un voto di maggioranza della Lista!

— Sì — disse Bedap, squadrando colui che aveva parlato, ma senza protestare per l’interruzione. Non c’erano regole di procedura parlamentare alle riunioni del CDP. A volte le interruzioni erano più frequenti delle affermazioni. Il procedimento, paragonato a una riunione amministrativa ben diretta, era come un pezzo di carne cruda paragonato con uno schema elettrico. Ma la carne cruda, tuttavia, funziona meglio di quanto non potrebbe funzionare uno schema elettrico, al suo posto… all’interno di un animale vivente.

Bedap conosceva tutti i suoi vecchi oppositori al Consiglio Importazione-Esportazione; da tre anni, ormai, veniva lì a combatterli. Ma colui che aveva parlato era nuovo: un giovane, probabilmente un nuovo assegnato dalla estrazione a sorte alla Lista del CDP. Bedap lo guardò con benevolenza e proseguì: — Non rimettiamoci a litigare i vecchi litigi, vero? Ora ne propongo uno nuovo. Abbiamo ricevuto una interessante comunicazione da un gruppo di Urras. È arrivata sulla lunghezza d’onda usata dai nostri corrispondenti iotici, ma è giunta fuori degli orari preventivati, e il segnale era debole. Pare provenga da una nazione chiamata Benbili, non dall’A-Io. Il gruppo dava a se stesso il nome «Società Odoniana». A quanto pare, si tratta di Odoniani post-Insediamento, che trovano modo di esistere, chissà come, in qualche scappatoia ancora permessa dalle leggi e dai governi di Urras. Il messaggio era diretto ai «fratelli di Anarres». Potete leggerlo sul bollettino del Gruppo, è interessante. Chiedono se potrebbero avere il permesso di inviare gente qui da noi.

— Inviare gente qui? Lasciar venire qui degli urrasiani? delle spie?

— No, verrebbero come coloni.

— Vorrebbero riaprire l’Insediamento, è così, Bedap?

— Dicono che il loro governo dà loro la caccia, e sperano che…

— Riaprire l’Insediamento! Ad ogni profittatore che si protesta Odoniano?

Riportare in ogni particolare un dibattito amministrativo anarresiano sarebbe difficile; si svolgeva molto rapidamente, spesso più persone parlavano tutte insieme, nessuno parlava a lungo, c’erano un mucchio di frasi sarcastiche, un mucchio di cose restavano inespresse; il tono era emotivo, spesso fieramente personale; si raggiungeva una fine, ma non c’era una conclusione. Era come una discussione tra fratelli, o tra i pensieri di una mente che non ha ancora preso la decisione.

— Se lasciassimo venire questi pretesi Odoniani, come penserebbero di raggiungerci?

Aveva parlato l’oppositore che Bedap temeva maggiormente, la donna fredda e intelligente chiamata Rulag. Per tutto l’anno era stata il suo oppositore più agguerrito e brillante. Bedap lanciò un’occhiata a Shevek, che per la prima volta era venuto ad assistere alla riunione del consiglio, per richiamare la sua attenzione sulla donna. Qualcuno aveva detto a Bedap che Rulag era un ingegnere, ed egli aveva trovato in lei la chiarezza e il pragmatismo mentali dell’ingegnere, e in più l’avversione dei meccanicisti verso la complessità e l’irregolarità. Avversava il Gruppo dell’Iniziativa su ogni punto, compreso quello del suo diritto all’esistenza. Le sue argomentazioni erano buone, e Bedap la rispettava. A volte, quando parlava della forza di Urras, e del pericolo di trattare con il forte da una posizione di debolezza, egli le credeva.

Infatti c’erano dei momenti in cui Bedap si chiedeva, in cuor suo, se egli stesso e Shevek, quando si erano riuniti nell’inverno del ’68 e avevano discusso i modi con cui un fisico frustrato avrebbe potuto stampare la propria opera e comunicarla ai fisici di Urras, non avessero dato il via a un’incontrollabile catena di eventi. E quando infine avevano stabilito contatto radio, gli urrasiani si erano rivelati più desiderosi di parlare, di Scambiare informazioni, di quanto non si fossero aspettati; e quando avevano stampato i rapporti delle loro comunicazioni, l’opposizione su Anarres era stata più virulenta di quanto avessero previsto. Su entrambi i pianeti, la gente prestava loro troppa attenzione perché si potessero sentire veramente tranquilli. Quando il nemico ti abbraccia con entusiasmo, e i tuoi compatrioti ti rifiutano amaramente, è difficile non chiederti se non sei, in effetti, un traditore.

— Penso che verrebbero con un mercantile — rispose. — Da buoni Odoniani, scroccherebbero il viaggio. Se il loro governo, o il Consiglio dei Governi Mondiali, desse loro il permesso. Ma glielo darebbero? Gli archisti farebbero un favore agli anarchici? Ecco il punto che mi piacerebbe scoprire. Se invitassimo un piccolo gruppo, sette o otto di quelle persone, che cosa succederebbe su Urras?

— Curiosità lodevole — disse Rulag. — Conosceremmo meglio il pericolo, certo, se conoscessimo meglio come vanno le cose su Urras. Ma il pericolo sta proprio nell’atto di scoprirlo. — Si alzò in piedi, per indicare che voleva tenere l’attenzione per più di una frase o due. Bedap fece una smorfia, e guardò di nuovo Shevek, seduto accanto a lui. — Attento a questa — mormorò. Shevek non rispose, ma Shevek era sempre timido e riservato alle riunioni, non valeva niente a meno che non venisse profondamente commosso da qualcosa, nel qual caso si rivelava un oratore sorprendentemente valido. Era seduto al suo posto e si fissava le mani. Ma mentre Rulag parlava, Bedap notò che la donna, sebbene parlasse a lui, continuava a lanciare occhiate verso Shevek.


Перейти на страницу:
Изменить размер шрифта: