— Lui non è mio fratello. — A volte il mondo le era sembrato pieno di fratelli, ma non in quella occasione.

— Sei un personaggio importante? — gli chiese.

Tagliangolo guardò raggiante i suoi colleghi. Nel mondo dei maghi, come in qualsiasi altro, c’erano delle mode. In certe epoche i maghi erano magri e sparuti e parlavano agli animali (gli animali non ascoltavano, ma è il pensiero che conta). Mentre in altre avevano tendenza ad essere scuri e mesti, con barbette nere appuntite. In quel momento, era "in" il tipo Magistrato. Tagliangolo si gonfiò di modestia.

— Molto importante — rispose. — Si fa del proprio meglio al servizio dei nostri simili. Sì. Direi molto importante.

— Voglio diventare un mago — disse Esk.

Dietro a Tagliangolo i maghi minori la fissarono come se fosse una nuova e interessante specie di scarafaggio. La faccia di Tagliangolo si fece rossa e gli occhi quasi gli schizzarono fuori. Guardava la bambina e pareva che trattenesse il fiato. Poi cominciò a ridere. La risata iniziò da qualche parte, giù nelle regioni del suo ampio stomaco, e si fece strada su, echeggiando da una costola all’altra e causando piccoli magomoti ne! suo vasto petto, finché non scoppiò in rumori strangolati. Era affascinante osservarla, quella risata. Aveva una personalità tutta sua.

Ma il vecchio mago si fermò quando vide lo sguardo di Esk. Se la risata fosse stata un clown da music-hall, allora lo sguardo fisso e deciso di lei sarebbe stato un secchio di calce lanciato su una traiettoria rapida.

— Un mago? Tu vuoi essere un mago?

— Sì — affermò Esk e spinse l’intontito Simon nelle braccia riluttanti di Treatle. — Sono l’ottavo figlio di un ottavo figlio. Cioè figlia.

Intorno a lei, i maghi si guardavano bisbigliando. Esk si sforzò d’ignorarli.

— Che ha detto?

— Parla sul serio?

— Penso sempre che i bambini siano deliziosi a quell’età, non credi?

— Sei l’ottavo figlio di una ottava figlia? — la interrogò Tagliangolo. — Davvero?

Esk non si lasciò smontare. — In senso inverso, solo non esattamente.

Tagliangolo si asciugò gli occhi con un fazzoletto.

— Davvero affascinante — esclamò. — Non credo di avere mai sentito prima una cosa del genere. Eh?

Diede un’occhiata all’uditorio sempre più numeroso intorno a lui. Quelli che stavano dietro, non potendo scorgere Esk, allungavano il collo per vedere se era in atto una interessante manifestazione di magia.

Tagliangolo non sapeva più che pesci prendere. — Be’, adesso. Vuoi diventare un mago?

— Continuo a ripeterlo a tutti, ma nessuno sembra ascoltarmi — ribatté la bambina.

— Quanti anni hai, piccola?

— Quasi nove.

— E da grande vuoi essere un mago.

— Voglio essere un mago adesso - dichiarò lei. — Questo è il posto giusto, no?

Tagliangolo si voltò verso Treatle e gli fece l’occhiolino.

— Ti ho visto — disse Esk.

Il mago riprese: — Non credo che ci sia mai stata finora una donna mago. Credo piuttosto che sarebbe contrario alle tradizioni. Non preferiresti invece essere una strega? Mi dicono che è una bella carriera per le ragazze.

Dietro a lui, un mago di rango inferiore si mise a ridere. Esk gli scoccò un’occhiata.

— Essere una strega è un’ottima cosa — concesse. — Ma secondo me i maghi si divertono di più. Tu cosa ne pensi?

— Penso che sei una ragazzina davvero singolare.

— E questo che significa?

— Significa che ce n’è una sola come te — intervenne Treatle.

— Giusto, e voglio ancora diventare un mago — insistette Esk.

— Be’, non puoi — affermò Tagliangolo, in mancanza di meglio. — Che idea!

Si raddrizzò in tutta la sua larghezza e si girò per andarsene. Ma si sentì ancora tirare l’orlo della tunica.

— Perché no? — chiese una voce.

Il grande mago si voltò. — Perché — cominciò adagio e con voce decisa — perché… è un’idea assolutamente ridicola, ecco perché. E va assolutamente contro le tradizioni!

— Ma io posso fare una magia da mago! — protestò Esk, con un tremito appena percettibile nella voce.

Tagliangolo si chinò finché la sua faccia fu all’altezza di quella di lei.

— No che non puoi — sibilò. — Perché non sei un mago. Le donne non sono dei maghi, mi sono spiegato?

— Sta a vedere — disse Esk.

Tese la mano destra a dita allargate e le fissò fino a scorgere la statua di Malich il Saggio, il fondatore dell’Università. Istintivamente i maghi che si trovavano tra lei e la statua, indietreggiarono e poi si sentirono alquanto sciocchi.

— Parlo sul serio — aggiunse la bambina.

— Vattene, ragazzina — le intimò Tagliangolo.

— Va bene — replicò lei. Socchiuse gli occhi e fissò la statua, concentrandosi…

Il grande portale dell’Università Invisibile è fatto di octirone, un metallo così instabile che può esistere soltanto in un universo saturo di magia allo stato puro. Nessuna forza, se non la magia, è in grado di espugnarlo. Né il fuoco, né i colpi di maglio dell’ariete, né un’armata sono capaci d’infrangerlo.

Per tale ragione, la maggior parte dei comuni visitatori dell’Università si servono della porta posteriore, che è fatta di normalissimo legno e non se ne va in giro a terrorizzare le persone, oppure resta ferma e anche così terrorizza le persone. La porta era fornita del regolare battente e tutto.

La Nonnina esaminò con attenzione gli stipiti ed ebbe un grugnito di soddisfazione quando trovò ciò che stava cercando. Non aveva dubitato che sarebbe stato , astutamente celato dalla naturale venatura del legno.

Afferrò il battente a forma di testa di drago e diede tre colpi decisi. Dopo un po’, la porta fu aperta da una giovane donna, con la bocca piena di mollette da bucato.

— Che desideri? — farfugliò quasi incomprensibile.

La Nonnina s’inchinò per dare alla ragazza il modo di vedere bene il cappello nero a cono con gli spilloni a forma di ali di pipistrello. L’effetto fu notevole: la giovane arrossì e, dopo un’occhiata al vicolo tranquillo, fece entrare in fretta la vecchia.

Il muro nascondeva un vasto cortile chiazzato di muschio e attraversato in tutti i sensi dai fili del bucato. La Nonnina ebbe così l’occasione di essere una delle pochissime donne a sapere ciò che indossano i maghi sotto le loro tuniche. Ma distolse modestamente gli occhi e seguì la ragazza attraverso il cortile lastricato e giù per una larga rampa di scale…

Questa conduceva a una galleria lunga e alta, sulla quale si aprivano delle porte, piena di vapore. Nei grandi locali laterali si scorgevano lunghe file di mastelli e nell’aria aleggiava il caldo odore di panni stirati. Un gruppetto di ragazze con i cesti del bucato passarono accanto alla Nonnina e presero a salire rapide la scala… poi si fermarono a mezza strada e si voltarono lentamente a guardarla.

La vecchia raddrizzò le spalle e si sforzò di darsi un aspetto il più misterioso possibile.

La sua guida, che ancora non si era tolta le mollette dalla bocca, la condusse per un corridoio laterale in una stanza, un vero labirinto di scaffali con la biancheria impilata. Al centro del labirinto, sedeva a un tavolo una donna molto grassa, con una parrucca rossa. Aveva appena finito di scrivere su un grosso libro da lavanderia, ancora aperto davanti a lei. Ma in quel momento stava ispezionando una maglia di lana piena di macchie.

— Hai provato a candeggiarla? — domandò.

— Sì, signora — rispose la ragazza accanto a lei.

— E la tintura di mirrico?

— Sì, signora. È solo diventata blu, signora.

— Be’, questa mi giunge nuova — disse la donna. — E io ho visto lo zolfo e la fuliggine, il sangue di drago e quello di demone e non so che altro. — Rivoltò la maglia e lesse l’etichetta con il nome cucita all’interno. — Uhm. Granpone il Bianco. Diventerà Granpone il Grigio, se non avrà più cura della sua biancheria. Te lo dico io, ragazza, un mago bianco non è altro che un mago nero con una buona governante. Credimi…


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