— Allora dove pensa di stabilirsi, dopo che avrà appeso al chiodo l'uniforme? — domandò Miles.
— All'equatore.
— Ah! All'equatore dove?
— All'equatore dovunque - rispose Ahn con convinzione. Miles si augurò che fosse solo un modo di dire; i deserti rocciosi e gli arcipelaghi spazzati dai tifoni non erano posti molto salubri.
Sulla scaletta Ahn esitò, abbassando lo sguardo su di lui. — Stia attento a Metzov — lo avvertì infine.
Era consiglio notevole solo per il ritardo con cui arrivava, oltre che stupidamente vago. Miles lo guardò, esasperato da quel modo di fare. — Dubito che avremo occasione di cenare allo stesso tavolo. E gli orari in cui usciamo a far ginnastica sono molto diversi.
Ahn si mordicchiò un labbro, a disagio. — Non intendevo questo.
— Cosa sta cercando di dirmi?
— Be'… non so. Una volta ho visto…
— Che cos'ha visto?
Ahn scosse il capo. — Niente. È stato molto tempo fa. Durante la rivolta di Komarr sono successe anche cose pazzesche. Ma è meglio che lei stia alla larga da quell'uomo.
— Ho già avuto a che fare con questi vecchi mangiareclute.
— Oh, non è esattamente un tipo di quel genere. Ma ha una vena di… contrariarlo può essere pericoloso. Non lo minacci.
— Io, minacciare Metzov? — Miles non riuscì a nascondere il suo stupore. Forse Ahn non era sobrio come sembrava, dopotutto. — Andiamo, non può essere così cattivo, altrimenti non lo avrebbero messo all'addestramento reclute.
— Non è lui che comanda la truppa. Le reclute vengono qui con i propri graduati e ufficiali, e gli istruttori fanno rapporto a loro. Metzov comanda solo il personale e le strutture permanenti della Base. Lei è un ragazzo testardo, Vorkosigan. Cerchi di non… mettersi in urto con lui, o le cose le andranno male. Questo è tutto ciò che posso dirle. — Ahn chiuse la bocca con determinazione e si avviò su per la scaletta.
Le cose mi stanno già andando male, fu sul punto di rispondergli Miles. Ma i suoi sette giorni di punizione erano finiti. Forse Metzov aveva inteso in realtà umiliarlo, più che punirlo; tuttavia quel lavoro non s'era rivelato poi troppo sgradevole. Umiliante era stato affondare nella palude con la motopulce. E quel guaio se l'era tirato addosso da solo. Miles agitò la mano un'ultima volta mentre Ahn spariva nella navetta, poi scrollò le spalle e s'incamminò sulla pista di tarmac verso l'ormai familiare edificio dell'amministrazione.
Bastarono un paio di minuti, dopo che il caporale fu uscito dall'ufficio meteorologico per andare a pranzo, perché Miles cedesse alla tentazione che Ahn aveva seminato in lui. Chiamò la biblioteca della Base e fece apparire a schermo i dati personali di Metzov pubblicamente accessibili. La lista delle sue promozioni e degli incarichi svolti era troppo scarna, anche se un po' della storia degli ultimi decenni filtrava fra i suoi precedenti bellici.
Metzov s'era arruolato nel Servizio trentasei anni prima, e le sue promozioni più rapide avevano avuto luogo — non c'era da stupirsene — durante la conquista di Komarr, venticinque anni addietro. Ricco di distorsioni secondarie, il sistema di Komarr costituiva per Barrayar l'unica via d'accesso alla distorsione galattica principale attraverso il Mozzo. Questo lo aveva reso d'immensa importanza strategica per Barrayar, all'inizio del secolo, quando l'oligarchia di Komarr aveva permesso che la flotta d'invasione dell'Impero Cetagandano si servisse delle sue stazioni di balzo per attraversare la distorsione e piombare su Barrayar. Per respingere i cetagandani era occorsa una generazione, ai tempi del padre di Miles, e Barrayar aveva imparato una sanguinosa lezione. In seguito, dopo essersi assicurato il controllo dei corridoi di transito di Komarr, Barrayar s'era trasformato da pianeta periferico chiuso in fondo a un vicolo cieco in una piccola ma decisa potenza militare, ed era ancora alle prese con le gravi conseguenze politiche di quel semplice fatto.
Durante la guerra civile contro il Pretendente Vordariano, un tentativo di colpo di stato mirante a esautorare Gregor — che all'epoca aveva cinque anni — e il suo Reggente, vent'anni prima, Metzov s'era schierato dalla parte giusta. Il contrario avrebbe spiegato a Miles perché un ufficiale esperto come lui fosse finito in un buco sperduto come l'isola Kyril. Ma non era stato così: la svolta negativa della carriera di Metzov sembrava essere avvenuta durante la rivolta di Komarr, circa sedici anni addietro. Nel file che lui stava consultando non c'era alcun accenno alla cosa, salvo un riferimento a un altro file. Uno con la sigla della Sicurezza Imperiale, come Miles notò. Nulla da fare su quel lato.
O forse sì. Mordicchiandosi pensosamente le labbra Miles chiamò sul video l'elenco telefonico, poi compose un numero.
— Operazioni, ufficio del commodoro Jollif — annunciò Ivan in tono formale mentre la sua faccia appariva sullo schermo. Poi: — Oh, salve Miles. Cosa mi racconti?
— Sto facendo una piccola ricerca. Ho pensato che tu potresti aiutarmi.
— Avrei dovuto saperlo che non mi chiamavi qui al Quartier Generale solo per fare due chiacchiere. Allora, cos'è che ti serve?
— Senti… hai l'ufficio tutto per te, in questo momento?
— Proprio così. Il vecchio è in riunione da due ore. Abbiamo una patata bollente per le mani. Una nave mercantile iscritta al nostro registro di navigazione bloccata al Mozzo Hegen, alla Stazione Vervain, sotto l'accusa di spionaggio.
— Possiamo tirarla fuori? O minacciare un intervento armato?
— Non oltre Pol. Nessuna astronave militare barrayarana può balzare oltre le loro distorsioni, in questo periodo.
— Credevo che avessimo rapporti abbastanza distesi con Pol.
— Più o meno. Ma i vervani stanno facendo il gioco duro con Pol, minacciano di rompere le relazioni diplomatiche, così i polani hanno tirato i remi in barca. Particolare divertente: il mercantile in questione non è di quelli usati dal nostro servizio segreto. Sembra che l'accusa vervana sia stata montata ad arte.
Politica delle distorsioni galattiche. Strategia da stazioni di balzo. Proprio il genere di situazioni che l'Accademia Imperiale aveva addestrato Miles ad affrontare. Su quelle astronavi e quelle stazioni doveva esserci un'atmosfera arroventata. Miles sospirò, invidiando chi se ne occupava.
Ivan strinse sospettosamente le palpebre. — Perché mi hai chiesto se sono solo?
— Voglio che tu tiri fuori un file per me. Storia antica, nulla di attuale — lo rassicurò Miles, e gli diede la sigla.
— Bene. … — Ivan cominciò a batterla sulla sua consolle, poi s'interruppe. — Ehi, ma sei impazzito? Questo file è negli archivi della Sicurezza Imperiale. Non posso farlo!
— Certo che puoi. Tu hai accesso agli archivi, no?
Ivan scosse il capo, immusonito. — Non più. L'accesso agli archivi della Sicurezza è stato ristrutturato. Si possono inviare dati ma non trasmetterli a terzi, salvo che con un filtro a codice e via cavo. E il cavo uno deve attaccarlo di persona dopo aver firmato per ottenerlo. Se io lo richiedessi dovrei spiegare il perché ed esibire l'autorizzazione. Tu hai l'autorizzazione per questo? Ah. Penso proprio di no.
Miles si accigliò, contrariato. — Però sono certo che puoi chiamare l'archivio col sistema interno.
— Sicuro, posso chiamare il file, sicuro. Ma non spedirlo fuori. Tutto quello che posso fare è di collegare il sistema interno alle fonti esterne, per la registrazione di dati in arrivo. Perciò non sei fortunato, ragazzo.
— In quell'ufficio hai una consolle del sistema interno?
— Naturale che ce l'ho.
— Allora — disse Miles, impaziente, — chiama il file, gira la tua scrivania e lascia che i due video si parlino a vicenda.
Ivan si grattò la testa. — E funzionerebbe?
— Provaci! — Miles tamburellò con le dita sulla tastiera, intanto che Ivan girava la sua scrivania e si dava da fare con la messa a fuoco. Il segnale aveva scarsa definizione ma era leggibile. — Sì, penso che vada bene così. Fai scorrere il file per me, vuoi?