Il primo pugno colpì Ethan al plesso solare e lo fece piegare in due, mentre il fiato gli scaturiva dalla gola con un ansito rauco. I due uomini lo fecero raddrizzare senza complimenti. Tuta Gialla non era un tipo sportivo. — Ecco cosa gli facciamo qui dentro… — whaam, un altro pugno. — … a quelli come te!
Ethan scoprì che non riusciva a trovare il fiato per chiedere scusa Disperatamente pregò che Tuta Gialla facesse un discorso un po’ più lungo per dargli il tempo di respirare. Ma Tuta Gialla continuò la sua opera demolitrice, di destro e di sinistro, colpendolo metodicamente.
— E questo… per aver insinuato… che qui dentro siamo… tutti come te…
Una voce di contralto, fredda e sarcastica, interruppe il pestaggio: — Evidentemente qualcuno non ha ancora capito che alla polizia non piace che i turisti vengano picchiati. È pessima pubblicità. Cosa succederebbe se costui sporgesse denuncia per aggressione?
— Ehi, un momento! — esclamò l’uomo dietro il bancone.
Ethan girò la testa. Era la femmina mercenaria, la comandante Elli Quinn. Possibile che l’avesse seguito fin lì? Stava in piedi qualche passo all’interno del locale, con le braccia lungo i fianchi e la testa leggermente inclinata, lo sguardo attento.
Tuta Verde mormorò qualcosa fra i denti, in tono preoccupato. Tuta Gialla imprecò con rabbia. I due che reggevano Ethan lo lasciarono, e lui cadde pesantemente in ginocchio. Uno di loro, Tuta Azzurra, prese l’ubriaco per un braccio. — Avanti, Zed — disse, senza distogliere lo sguardo dalla faccia della femmina. — Così può bastare, adesso diamoci un taglio.
Tuta Gialla si liberò con uno strattone. — Guarda, guarda. E cos’è per te questo finocchietto, eh, dolcezza? — sbottò.
Un angolo della bocca della femmina si curvò. — Supponiamo che io dica che non sono affari tuoi, eh?
— Le donne che vanno coi finocchi — ringhiò Tuta Gialla, — sono peggio dei finocchi… — E continuò a sbraitare osservazioni grossolane, mentre Ethan, in ginocchio sul pavimento, si massaggiava lo stomaco indolenzito.
— Zed — gli disse Tuta Azzurra. — Falla finita. Questa non è una tecnica. È una mercenaria. Una veterana, anche… guarda i suoi gradi. — Nel locale c’era intanto uno scalpiccio e un movimento generale; parecchi clienti a cui non piaceva come s’erano messe le cose stavano prudentemente raggiungendo l’uscita.
— Tutti gli ubriachi sono uno spettacolo penoso — disse la femmina. — Ma gli ubriachi aggressivi possono essere pericolosi.
Tuta Gialla si mosse verso di lei, senza smettere di grugnire imprecazioni fra i denti. La femmina attese che avesse oltrepassato un confine invisibile, a due passi di distanza da lei. Poi ci fu un improvviso ronzio e nell’aria balenò un lampo azzurrino. Ethan vide l’arma comparsa nella mano di lei rientrare silenziosamente nella fondina ancor prima che Tuta Gialla rotolasse al suolo. Tutti gli altri erano rimasti fuori dal raggio d’azione dello storditore, e intoccati.
— Fatti un sonnellino — sospirò lei. Guardò i due uomini rimasti presso il bancone poco più indietro. — Costui è vostro amico? — domandò, accennando col capo a Tuta Gialla. — Dovreste scegliere meglio i vostri amici. Se io avessi avuto una pistola al plasma potevate andarci di mezzo anche voi… non mi è piaciuto il modo in cui tenevate quest’uomo per farlo picchiare.
Tuta Azzurra e l’altro si scambiarono un’occhiata e uscirono subito dal locale, girandole rispettosamente alla larga. Ethan era ancora in ginocchio; aveva un forte dolore alle costole. La femmina mercenaria lo aiutò a tirarsi in piedi. — Andiamo, athosiano. Sarà meglio che io ti accompagni in un posto più sicuro.
— Avrei dovuto dirgli: "Perché, anche tu hai gusti normali come i miei?" — brontolò cupamente Ethan. — Ecco cos’avrei dovuto dirgli. Oppure…
Le labbra della comandante Quinn s’incurvarono. Irritato Ethan si domandò perché mai tutti quanti sembravano trovar così divertenti gli athosiani. salvo quelli che si comportavano come se temessero d’essere contagiati da un lebbroso.
Ma d’un tratto una nuova paura lo fece arrestare così all’improvviso che quasi perse l’equilibrio, e si appoggiò a una spalla della mercenaria. — Oh, Dio il Padre! Quelli non sono poliziotti? Che abbiano avuto notizia della rissa?
Due uomini stavano venendo dalla loro parte, nel poco frequentato corridoio periferico. Indossavano uniformi verde-pino con una striscia blu, e dai loro cinturoni pendeva una quantità di piccole apparecchiature fra cui anche delle armi. Ethan provò un repentino senso di colpa. — Forse dovrei confessare che ho commesso un reato. Dopotutto ho percosso un cittadino di questa stazione…
Negli occhi della comandante Quinn ci fu una luce divertita. — Non è il caso, a meno che tu non lo abbia contagiato con qualche raro virus che incubavi sotto le unghie. Questi sono del Bio-controllo. La squadra ecologica. Li troverai dappertutto, su Stazione Kline. — Fece una pausa per scambiare un cortese cenno del capo coi due uomini, che passarono oltre, e sottovoce commentò: — Sono una banda di rompiscatole, maniaci della pulizia. — Dopo averci pensato su un momento aggiunse: — Tu non attraversargli la strada, però. Hanno poteri assai ampi, possono perquisire e arrestare chiunque… se ti rifiuti di ubbidirgli, ti ritrovi dietro le sbarre in men che non si dica.
Ethan rifletté sulla cosa. — Suppongo che l’ambiente ecologico di una stazione sia molto più delicato di quello planetario.
— Il suo equilibrio è sempre appeso a un filo, fra il fuoco e il ghiaccio — annuì lei. — In certi posti c’è una dottrina politica, in altri c’è la religione. Qui noi abbiamo le misure di sicurezza contro gli — incidenti spaziali. Le epidemie e gli incendi sono i più temuti. Comunque, se tu vedessi formarsi strati di ghiaccio o di muffa da qualche parte dai subito l’allarme.
All’incrocio successivo girarono sulla Passeggiata dei Viaggiatori. Gli occhi della femmina che camminava al suo fianco erano troppo penetranti, troppo attenti e seri, per andare d’accordo con quella bocca facile al sorriso, e ciò metteva a disagio Ethan, che continuava a farsi domande preoccupanti su di lei. Gli sembrava di aver capito che fosse nativa di quella stazione, anche se sembrava aver viaggiato molto, e ciò che disse poi glielo confermò: — Spero che quel piccolo incidente non ti abbia fatto credere che tutti i kliniani siano così. Che ne diresti se ti offrissi la cena, per fare ammenda delle brutte maniere dei miei concittadini?
Era una sorta di proposta equivoca? Un complotto per averlo da solo e inerme, in balia delle donne che segretamente governavano dietro le quinte? Possibile che avesse messo gli occhi su di lui fin dall’inizio? Si scostò di un passo dalla femmina, che gli camminava accanto con l’andatura di un felino in caccia della preda.
— Io… non voglio mostrarmi ingrato — disse, con voce un po’ acuta per l’improvvisa tensione, — ma il fatto è che ho mal di stomaco. — Era la verità, dopo quei pugni. — Comunque grazie lo stesso. — Lì vicino c’era un pozzo antigravità trasparente che portava al livello superiore, quello in cui si trovava il suo albergo. — Arrivederci!
Ethan le volse le spalle, attraversò il marciapiede di corsa e balzò dentro il pozzo. Il salto non lo aiutò ad accelerare la sua velocità di ascesa, e l’ultimo barlume di dignità lo trattenne dall’agitare le braccia come un volatile. Voltandosi a osservare la Passeggiata attraverso la parete di cristallo vide che la femmina era rimasta là a guardarlo, con aria perplessa e accigliata. Ethan le rivolse un sorrisetto melenso e mosse una mano in segno di saluto mentre, con lentezza da sogno, l’antigravità lo portava al livello superiore.
Alla prima uscita si spinse fuori e poi corse via, aggirando una specie di scultura futurista larga qualche metro e poi una siepe di piante in vaso sul fondo dell’atrio. Qui si nascose, fermandosi a sbirciare fra le foglie. La femmina non apparve dall’ascensore. Quando fu sicuro che aveva rinunciato a dargli la caccia si gettò a sedere su una panchina e restò lì a riprendere fiato per qualche minuto. Finalmente in salvo.