— Come ha fatto a salvare il dottor Urquhart? — domandò Cee.
— Ho aspettato, con molta pazienza, che lo portassero fuori. Ho aspettato a lungo per avere una buona possibilità d’intervenire con qualche speranza di successo.
— Ho apprezzato molto la sua pazienza — disse Ethan. con serietà. Si scambiarono un sorrisetto rigido.
La mercenaria continuò ad andare avanti e indietro come una tigre in gabbia. — Sono stata preceduta. So che è così. Lo sento. Millisor mi cercherà, attraverso Teki. E Millisor è uno che non ha inibizioni quando si tratta di far parlare la gente. Q.E.D. Quinn Erat Dementis. Mio Dio. Non farti prendere dal panico, Quinn. Cosa farebbe l’ammiraglio Naismith, in questa situazione? — Si fermò, lo sguardo fisso sulla parete nuda.
Ethan immaginò navette da combattimento Dendarii che schizzavano fuori dal punto di balzo, truppe d’assalto in scafandro spaziale, piattaforme antigravità armate con terribili cannoni a plasma che si spostavano nell’aria…
— Mai fare di persona — mormorò Quinn. — quello che un esperto con l’attrezzatura adatta può fare al tuo posto. Questo è ciò che lui direbbe. Judo tattico, dal Manuale del Mago dello Spazio. — Nella sua immobilità c’era il dinamismo della meditazione Zen. Quando si girò, lo sguardo le brillava d’eccitazione. — Sì, questo è proprio ciò che lui farebbe! Astuto piccoletto dalla mente contorta, io ti amo! — La sua mano destra scattò in un saluto militare diretto a una presenza invisibile, poi infilò di nuovo la carta di credito di Cee nella consolle e batté un numero.
Perplesso, Cee gettò un’occhiata interrogativa a Ethan, che si strinse nelle spalle.
Sulla piastra video si materializzò il mezzobusto di un’impiegata dall’aria sveglia in tuta verde-pino e azzurro-cielo. — Pronto Intervento Biocontrollo-Epidemiologia. Buonasera. Cosa possiamo fare per lei? — domandò cortesemente, guardando l’interlocutrice.
— Buonasera. Devo fare rapporto su un sospetto vettore di contagio — disse Quinn, nel suo tono più serio e professionale e con una sfumatura d’urgenza.
— Siamo qui per questo. — L’impiegata girò uno schermo verso di sé e batté qualcosa su una tastiera. — Soggetto umano o animale?
— Umano.
— Visitatore, o cittadino della stazione?
— Visitatore, maschio, adulto. Ma in questo momento è sul punto di trasmettere il contagio a un cittadino di Stazione Kline.
L’impiegata si mostrò subito più interessata. — E la natura del contagio?
— Plasmosi virale Alpha S-D-3.
La mano dell’impiegata si fermò sulla tastiera. — La plasmosi virale Alpha S-D-2 è una necrosi delle mucose epiteliali trasmessa per contatto sessuale, originaria di Varusa Tertius. È questo il contagio a cui si riferisce?
Quinn scosse il capo.
— Questo è un nuovo e più virulento ceppo mutante dei virus che trent’anni fa ha praticamente sterminato la popolazione di un emisfero di Varusa Tertius. Il vaccino per il tipo S-D-3 non è stato ancora bio-programmato, come lei avrà certo saputo… Non ne siete al corrente, lì al Biocontrollo?
L’impiegata aveva sollevato le sopracciglia. — No, signora. — Batté altre cose, furiosamente, e poi si girò a prendere anche una nota scritta che consegnò a qualcuno fuori campo. — E il nome del sospetto vettore del contagio?
— Ghem-lord Harman Dal, un cittadino cetagandano, commerciante di oggetti artistici e artigianali. Ha appena aperto un’agenzia sulla Passeggiata di Viaggiatori, con una licenza avuta dalla Camera di Commercio poche settimane fa. È già venuto in contatto con una dozzina di persone. Non tutte dell’altro sesso, a quanto mi risulta.
Harman Dal, si appuntò Ethan, doveva essere l’altra identità di Millisor.
— Santo spazio — mormorò l’impiegata, — darò inizio alla procedura. Ah… — Fece una pausa, cercando le parole. — Come è venuta a conoscenza della malattia di questo individuo?
Lo sguardo fermo di Quinn si distolse dal volto dell’impiegata per abbassarsi ai suoi piedi, po’ su un angolo lontano della stanza, poi sulle sue mani. Si schiarì la gola. Sarebbe arrossita, se avesse avuto il tempo di trattenere il fiato abbastanza a lungo. — Lei come crede che io ne sia venuta a conoscenza? — disse, alla fibbia della sua cintura.
— Ah. — L’impiegata spalanco gli occhi. — Be’, in questo caso devo informarla che lei ha l’obbligo di presentarsi quanto prima a questo ufficio. Le assicuro che tutti i casi di malattie che riguardano la sfera intima sono mantenuti rigorosamente confidenziali. Lei potrà essere visitata dal nostro primario del Reparto Malattie Infettive, del tutto gratuitamente…
— Voglio sperarlo — annuì Quinn. mostrando un improvviso nervosismo. — Posso venire giù subito? Però senta… temo che se non intervenite con urgenza quel porco di Dal metterà nelle vostre mani tredici pazienti invece di dodici.
— Le assicuro, signora, che il nostro dipartimento sa come occuparsi di questi casi delicati. La prego di appoggiare sullo schermo un suo documento d’identità, in modo che il computer possa leggerlo.
Quinn eseguì, promise ancora di presentarsi immediatamente al Reparto Quarantena, si fece rassicurare sulla riservatezza della cosa, fu ringraziata, e chiuse la comunicazione.
— Ecco fatto, Teki — sospirò. — I soccorsi sono per strada. Io ho firmato col mio nome un atto criminale, ma valeva la pena di pagare questo prezzo.
— Prendere una malattia venerea è contro la legge, qui? — domandò Ethan, perplesso.
— No, ma inoltrare una falsa denuncia contro qualcuno e un falso rapporto per contagio epidemico sono reati ovunque, suppongo. Non puoi mettere in allarme le squadre di pronto intervento e poi sperare di passarla liscia, specialmente se gli hai lasciato le tue generalità… del resto non sarebbe possibile farle muovere con una denuncia anonima. Però preferisco affrontare la legge che un distruttore neuronico tutti i giorni; questo sarebbe assai più micidiale per il mio conto spese.
Cee la stava guardando con stupore. — L’ammiraglio Naismith lo approverebbe?
— Farà coniare una medaglia apposta per decorarmi. — Quinn gli rivolse un sorrisetto allegro, anche se non sembrava affatto tranquilla. — Ora veniamo a noi. Quelli del Pronto Intervento troveranno molta più resistenza di quel che si aspettano dai nuovi pazienti. Meglio che qualcuno fornisca loro un certo tipo di appoggio. Lei sa usare uno storditore, signor Cee?
— Sì, comandante.
Ethan si schiarì la voce e alzò una mano, esitante. — Io ho avuto l’addestramento standard, nell’esercito athosiano — udì se stesso dire, follemente.
CAPITOLO UNDICESIMO
Alla fine fu Ethan, e non Cee, che Quinn scelse per affiancarla in quella che definì "la seconda ondata di questo assalto".
La bruna mercenaria lasciò il telepate appostato agli ascensori antigravità in fondo al corridoio su cui si apriva l’albergo di Millisor. armato con uno dei due storditoli di cui lei disponeva.
— Rimani fuori vista, e spaia su tutti quelli che arrivano da questa parte con atteggiamento sospetto — lo istruì. — E non pensarci troppo prima di premere il grilletto. Con uno storditore puoi sempre chiedere scusa dopo, per i tuoi errori.
A quella frase Ethan inarcò dubbiosamente un sopracciglio, mentre si girava per avviarsi con lei sul marciapiede.
— Non guardarmi così. Non credo che sparerà su una vecchietta, o su un cardiopatico — borbottò Quinn. voltandosi a controllare il nascondiglio di Cee fra le piante in vaso, le proiezioni olografiche e i terminali di comunicazione all’uscita del pozzo antigravità. Ethan vide che gli alberghi della zona, compreso quello di Millisor, erano evidentemente per turisti le cui possibilità economiche superavano le sue.
Entrarono e dopo aver oltrepassato l’atrio si avviarono nel corridoio di sinistra, deserto e silenzioso. Fu in quel momento che una sgradevole pecca del piano d’attacco della mercenaria cominciò a disturbarlo. — Senta, se non dà uno storditore anche a me come posso affiancarla?