— Aiuto! — gridò di nuovo l’oracolo.

Vidi la lancia di Derek posata a terra accanto a lui. La lama splendeva debolmente nel chiarore lunare. Doveva averla lasciata cadere quando Inahooli l’aveva colpito. La raccolsi e girai attorno al fuoco, muovendomi con cautela. C’era qualcosa che non andava nel mio senso dell’equilibrio.

Inahooli era in cima. Doveva essere lei. Indossava una nuova tunica, chiara e con un sacco di ricami. L’oracolo non aveva niente del genere. Gli stava seduta sopra a cavalcioni e gli teneva le mani sulla faccia. Mi sembrò di vedere che gli ficcava i pollici negli occhi. L’oracolo urlò. Sollevai la lancia e la conficcai nella schiena di Inahooli.

Lei cacciò un urlo. C’era furore in quel suono, non dolore. Si girò per vedere chi l’avesse colpita. Lasciai andare la lancia. L’oracolo si tirò su. Inahooli ruzzolò giù dal suo corpo. Un istante dopo lui era in piedi. La donna giaceva a terra, su un fianco, e si lamentava mentre incominciava a sentire il dolore.

— Stai bene? — s’informò l’oracolo.

— No. Cerca di scoprire come sta Derek. — M’inginocchiai accanto alla donna. La lama era penetrata nella parte inferiore della schiena, sotto le costole. Chissà che cosa aveva colpito? Non ne avevo idea. Non c’era molto sangue. Dovevo cercare di estrarre la lancia? O questo avrebbe fatto aumentare l’emorragia? Le immagini si sfocarono di nuovo davanti ai miei occhi. Sollevai la testa e respirai un po’ d’aria fresca. Inahooli si muoveva nel tentativo di trovare una posizione comoda. — Resta immobile — le dissi.

— Demonio.

Le presi il polso e cercai di sentirle le pulsazioni, ma lei tirò indietro il braccio. — Lasciami in pace. — fece una smorfia. — Aiya! Che dolore! — Chiuse gli occhi e serrò le labbra.

Le presi di nuovo il polso e questa volta lei non tirò indietro il braccio. Trovai le pulsazioni, ma in che modo potevo misurarle? Non in battiti al minuto. Non avevo un mezzo per misurare il tempo, e non sapevo neppure quali fossero le pulsazioni normali fra la sua gente. Cinquanta battiti al minuto? Settanta? O cento? Avrei dovuto confrontare la frequenza dei suoi battiti con quelli di un altro nativo. — Oracolo?

— Dacci un minuto — disse Derek in inglese.

Mi guardai intorno. Derek era in piedi e si appoggiava all’oracolo con una mano. Con l’altra si massaggiò la fronte. — Ohi!

— Una commozione cerebrale? — chiesi.

— Forse. Riesco a ricordare quanto è successo. O almeno credo di riuscirsi. E questo dovrebbe escludere la commozione cerebrale. Forse faresti meglio a controllarmi la larghezza delle pupille.

— Okay.

L’oracolo intervenne: — Parlate una lingua che io possa capire.

Derek fece il gesto dell’assenso. — Stavo controllando il boschetto, facendo un giro per assicurarmi che tutto fosse a posto.

"Quando sono tornato all’accampamento, tu eri sparita, Lixia. Ho chiamato il tuo nome e non ho avuto risposta. La cosa mi ha preoccupato, un po’, non abbastanza. Pensavo che Inahooli fosse pazza. Non credevo che sarebbe riuscita a superarmi. Stavo cercando te. E ho trovato Inahooli." La sua voce aveva un tono perplesso, come se non riuscisse a capacitarsi di come una cosa del genere fosse potuta accadere al dottor Derek Guerriero del Mare. "Non l’ho vista arrivare. È comparsa dal nulla e mi ha strappato la lancia. L’ha semplicemente afferrata e tirata, e la lancia era sparita. L’ha usata come una clava. In pieno sulla mia faccia." Si tastò il naso. "Non credo che sia rotto."

— È da lì che è venuto il sangue?

— Quale sangue? — Si passò la mano sotto il naso, poi se la guardò. — Oh. Quel sangue. Credo di sì. Quello che non capisco è… perché non mi ha accoltellato.

— Stava per farlo — disse l’oracolo. — Dopo che sei caduto. Ma hai gridato prima che ti colpisse. Mi sono svegliato e ho visto ciò che stava succedendo. L’ho raggiunta prima che conficcasse la lancia. Le sono saltato sulla schiena e le ho morsicato la spalla. Questo le ha fatto mollare la lancia.

Inahooli si lamentò. Le stavo ancora tenendo il polso. Il battito sembrava più lento di prima. — Oracolo, vieni qui. Voglio scoprire la rapidità del battito del tuo cuore.

— Perché?

Riflettei un momento. Come facevo a spiegarglielo? — Quando qualcuno del mio popolo sta male, il suo cuore batte diversamente.

— Da che cosa?

— Da come batte quando sta bene. E una persona esperta, una persona abile nelle guarigioni, è in grado di ascoltare il cuore o sentire il modo in cui batte e capire quanto stia male la donna.

— Questo lo so — disse l’oracolo. — Ricordati, mia madre è una sciamana. Mi ha insegnato alcune cose quando vivevo nella sua casa. Ma non sono stato ferito. Perché vuoi sapere come si comporta il mio cuore?

— Per fare un confronto. — Con la mano libera indicai Inahooli. — Non so come dovrebbe essere il suo battito cardiaco. Non so che cosa sia giusto fra la vostra gente.

L’oracolo rivolse un’occhiata a Derek. — Riesci a tenerti in piedi da solo?

— Credo di sì. — Derek lo lasciò andare.

L’oracolo si avvicinò a Inahooli, si accoccolò e mi prese dalla mano il polso di Inahooli. — Non apparteniamo allo stesso popolo, Inahooli e io, ma tutti i cuori battono nello stesso modo. — Tacque un momento, inclinando il capo e aggrottando la fronte. — Sta andando un po’ troppo rapidamente, ma ricordati che ha lottato. — Mise giù il polso. — Estrarremo la lancia e fasceremo la ferita. Anche se io sono un uomo e lei è pazza, non posso andarmene e lasciarla in questo stato.

Inahooli aprì gli occhi. — Siete tutti dei demoni.

— Non parlare — le disse l’oracolo. Le prese la tunica dove la lancia l’aveva tagliata e tirò delicatamente. Il tessuto si lacerò. Nel giro di uno o due minuti le aveva tolto la tunica. Me la consegnò. — Strappala in tanti pezzi.

Feci come mi aveva chiesto. Non era facile. Continuavo a imbattermi in ricami. Per fortuna avevo degli incisivi aguzzi. Spezzavo i fili con i denti, poi ricominciavo a lacerare il tessuto. Quando ebbi finito l’oracolo disse: — Ci serve altra stoffa.

Che cosa avevamo? La mia camicia e quella di Derek. Diedi un’occhiata al mio compagno. Era ancora in piedi ma non aveva mosso un passo verso di noi. Alla luce fioca sembrava che barcollasse. Aveva un aspetto peggiore di quanto avessi pensato. Mi sbottonai la camicia e me la tolsi.

L’oracolo mi guardò. — Che cos’è quella cosa che porti attorno al torace?

Come si fa a spiegare un reggiseno a un alieno? Diedi uno strappo alla camicia. La cucitura era debole e si lacerò — Te lo spiegherò più tardi — dissi.

Derek venne verso di noi. Incespicò un volta.

— Come stai? — gli chiesi.

— Okay. Stordito e confuso. Non mi aspettavo davvero che sarebbe tornata. Pensavo solo di essere prudente. Perché l’ha fatto?

Finii di strappare, poi feci il gesto del dubbio.

L’oracolo teneva in mano la lancia. Incominciò a tirare. Inahooli emise un gemito strozzato. — Presto sarà tutto finito — le disse. Mi lanciò un’occhiata. — Tieni pronta la stoffa. — Tirò di nuovo. La lancia uscì. Vidi la lama, coperta di sangue scuro. L’oracolo appoggiò a terra l’arma, poi si protese in avanti e osservò attentamente la ferita. — Sta sanguinando, ma adagio. È un flusso lento, non un fiotto. È un buon segno. Dammi le pezze di stoffa.

Gli porsi un pezzo di tunica. Lui ne fece un tampone e lo sistemò sulla ferita, usando per fissarlo i pezzi splendidamente ricamati della tunica indigena e la mia camicia di denim.

Un insetto mi pizzicò sulla spalla nuda. Gli diedi una pacca.

— Della legna — disse Derek. — C’è un albero… immagino che lo si possa definire così… caduto e secco non lontano da qui. Andiamo.

Ci inoltrammo nel boschetto buio. Derek trovò il suo pezzo di erba enorme: un enorme gambo caduto. Giaceva al suolo nel chiarore lunare. Sopra vi cresceva qualcosa di simile a un fungo. Somigliava al corallo, delicato e intricato. Ramoscelli pallidi si dividevano e dividevano ancora. O erano traslucidi o rifulgevano di luce propria, non avrei saputo dirlo. Ma la cosa aveva un tenue splendore. Restai a fissarla. Un altro insetto mi morsicò, questa volta sul braccio. — Sbrighiamoci — dissi.


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