La coscienza, infine, fu aiutata in modo decisivo da maz Oryen Viya, il quale affermò che il testo del Pergolato che Sutty andava a studiare ogni giorno a casa sua da un mese era solo una parte, in molti punti completamente diversa, di un testo da lui visto molti anni prima in un grande umyazu di Amareza.

Non esisteva un testo esatto. Non esisteva una versione standard. Di nulla. Non c’era un unico Pergolato, ma molti, moltissimi pergolati. La giungla era sterminata, e non si trattava di una sola giungla, bensì di innumerevoli giungle, tutte brulicanti di tigri ardenti di significato, innumerevoli tigri…

Sutty finì di inserire la versione del Pergolato di Oryen Viya nel noter, ripose il cristallo, diede uno scappellotto al lato pedante della propria personalità, e ricominciò da capo.

Qualunque cosa fosse, quello che stava cercando di scoprire, di apprendere, non era una religione con un credo e un libro sacro. Non si occupava di fede. Tutti i suoi libri erano sacri. Non si poteva definire con simboli e idee, per quanto i suoi simboli e le sue idee fossero bellissimi, abbondanti, interessanti. E non si chiamava "Foresta", sebbene a volte la chiamassero così, né "Montagna", sebbene a volte la chiamassero così, ma perlopiù, a quanto le risultava, era chiamata "la Narrazione". Perché?

Be’ (disse il buonsenso, brusco), perché le persone colte qui narrano continuamente delle storie.

Sì, certo (replicò il suo intelletto con un certo disprezzo), narrano parabole, storie, è così che istruiscono. Ma che cosa fanno?

Sutty si mise a osservare i maz.

Sulla Terra, quando aveva studiato le lingue di Aka, aveva appreso che tutte le lingue principali avevano un particolare pronome singolare-duale, usato per una donna incinta o un animale gravido e per una coppia sposata. L’aveva incontrato di nuovo nel Pergolato e in molti altri testi, dove indicava il tronco singolo-doppio dell’albero dell’essere e pure i personaggi mitici-eroici delle storie e delle epopee, che di solito — come gli eroi produttori-consumatori della propaganda dell’Azienda — erano coppie. Quel pronome era stato bandito dall’Azienda. Usarlo nel linguaggio parlato o scritto era un reato punibile con una multa. Sutty non l’aveva mai sentito pronunciare a Dovza City. Lì, invece, lo sentiva pronunciare ogni giorno, anche se non in pubblico, in riferimento agli insegnanti-officianti, i maz. Perché?

Perché i maz erano coppie. Erano sempre coppie. Una unione sessuale, eterosessuale o omosessuale, monogama, che durava tutta la vita. Perfino oltre la morte, perché se rimanevano vedovi non si risposavano mai. Assumevano e conservavano ognuno il nome dell’altro. La moglie del Fecondatore, Ang Sotyu, era morta da quindici anni, ma lui era ancora Sotyu Ang. Erano due che erano uno, uno che era due.

Perché?

Sutty si eccitò. Era sulle tracce del principio centrale del sistema: i Due che sono Uno. Doveva concentrarsi e cercare di capire.

Dei maz cortesi le diedero molti testi, tutti più o meno pertinenti. Sutty apprese che dall’interazione dei Due derivavano i tripli Rami che si univano e formavano i Fogliami, i quali comprendevano le Quattro Azioni e i Cinque Elementi, cui facevano di continuo riferimento la cosmologia e i sistemi medico ed etico, e che erano inseriti nell’architettura e costituivano la struttura del linguaggio, specialmente nella sua forma ideogrammatica… Sutty si rese conto che stava addentrandosi in un’altra giungla, una giungla antichissima e spaventosamente lussureggiante. Si fermò ai margini e guardò dentro, smaniosa ma cauta, con la coscienza che uggiolava dietro di lei come un cane. Bravo cagnolino, il cane del dharma. Sutty non penetrò in quella giungla.

Ricordò che intendeva scoprire cosa facessero effettivamente i maz.

I maz eseguivano, o recitavano, o facevano, la Narrazione. Raccontavano.

Alcune persone non avevano molto da dire. Possedevano un libro o una poesia o una mappa o un trattato che avevano ereditato o ricevuto in dono, e che, almeno una volta all’anno, in genere d’inverno, mostravano o leggevano a voce alta o recitavano a memoria a chiunque fosse interessato. Quelle persone erano chiamate educatamente "persone colte", ed erano rispettate perché possedevano e mettevano a disposizione degli altri quel particolare tesoro, però non erano maz.

I maz erano professionisti. Dedicavano gran parte della vita all’acquisizione e alla divulgazione delle loro conoscenze, e si guadagnavano da vivere in quel modo.

Alcuni di loro, specialisti in cerimonie, assomigliavano ai preti delle religioni terrestri convenzionali, officiavano in occasione di riti di passaggio, matrimoni, funerali, accoglievano i neonati nella comunità, celebravano il quindicesimo compleanno, che era considerato un momento importante e propizio (Uno più Due più Tre più Quattro più Cinque). Le narrazioni di quei maz erano perlopiù basate su formule: canti e rituali e racconti delle storie eroiche più familiari.

Alcuni maz erano medici, guaritori, erboristi o botanici. Al pari di chi dirigeva gli esercizi fisici e le arti ginniche, quei maz raccontavano il corpo, si rivolgevano al corpo e lo ascoltavano anche (il corpo che era l’Albero, che era la Montagna). Le loro narrazioni erano insegnamenti medici concreti, descrittivi.

Alcuni maz lavoravano soprattutto con i libri: insegnavano ai bambini e agli adulti a scrivere e leggere gli ideogrammi, insegnavano i testi e come capirli.

Ma il lavoro fondamentale dei maz, quello per cui erano così stimati dalla gente, era raccontare: leggere a voce alta, recitare, narrare storie, e parlare delle storie. Più cose raccontavano, più erano stimati, e meglio le raccontavano, meglio venivano pagati. Quello di cui parlavano dipendeva da quello che sapevano, dal loro grado di erudizione, da quello che inventavano essi stessi e, ovviamente, da quello di cui avevano voglia di parlare in un dato momento.

L’incoerenza di tutto ciò era sbalorditiva. Nelle settimane in cui aveva appreso laboriosamente la storia del Due e dell’Uno, dell’Albero e del Fogliame, Sutty era andata a sentire ogni sera maz Ottiar Uming che raccontava una lunga saga mitico-storica sull’esplorazione delle Isole Orientali avvenuta sei o settemila anni prima, e parecchie volte la settimana, di mattina, era andata anche a sentire maz Imyen Katyan, che narrava le origini e la storia del cosmo, diceva i nomi di stelle e costellazioni, e descriveva i movimenti degli altri quattro pianeti del sistema akano, mostrando antiche carte celesti, bellissime e precise. Che senso aveva tutto ciò? C’era qualche connessione tra quella massa di cose disparate?

Stanca delle astrazioni della filosofia, per cui non aveva nessuna predisposizione, Sutty si dedicò a quella che i maz chiamavano "narrazione del corpo". I maz guaritori sembravano sapere parecchie cose sul mantenimento della salute. Chiese a Sotyu Ang di insegnarle la medicina. Il Fecondatore cominciò a parlarle con pazienza delle proprietà curative di ogni pianta dell’immenso erbario che aveva ereditato dai genitori di Ang Sotyu e che occupava gran parte dei cassettini della bottega.

Era felice che lei registrasse nel noter tutto quello che le diceva. Finora Sutty non aveva incontrato nessun elemento di sapienza arcana nella Narrazione, nessun segreto sacro che si potesse rivelare solo agli esperti, nessuna conoscenza tenuta nascosta per rafforzare l’autorità dei dotti, ingigantire la loro santità, o accrescere le loro parcelle. «Annota quello che ti dico!» ripetevano tutti i maz. «Memorizzalo! Conservalo per dirlo ad altra gente!» Sotyu Ang aveva dedicato la vita allo studio delle proprietà delle erbe, e non avendo discepoli né apprendisti era grato in modo commovente a Sutty, che conservava quelle conoscenze. «È tutto quello che ho da offrire alla Narrazione» disse. Lui non era un guaritore, ma un farmacista e un erborista. Non era forte in teoria; le sue spiegazioni del perché una data erba fosse efficace erano spesso semplice magia associativa o mere conclusioni lapalissiane: questa corteccia scaccia la febbre perché è un febbrifugo… Ma il sistema terapeutico alla base di quella farmacologia era, per quanto poteva giudicare Sutty, pragmatico, preventivo ed efficace.


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