Tutti scoppiarono a ridere, anche chi non poteva aver sentito, e Ender ci mise qualche momento a capirne il perché. Rose aveva programmato sullo schermo del suo banco un disegno animato, rappresentante un organo genitale maschile fornito di braccia e gambe che si toglieva l’uniforme delle Salamandre per indossare quella dei Topi. Nudo e con l’apparecchio poggiato sull’addome, lo aveva inviato ai banchi degli altri. Questo è proprio il tipo di comandante a cui Bonzo voleva vendermi, pensò Ender. Come riesce a vincere le partite un ragazzo che passa il suo tempo a questo modo?
Ender trovò Dink Meeker in sala giochi, seduto a guardare un paio di compagni. — Alla porta mi hanno detto che tu sei Meeker. Io sono Ender Wiggin.
— Lo so — annuì l’altro.
— Faccio parte del tuo branco.
— Lo so — disse ancora lui.
— Sono piuttosto inesperto.
Il ragazzo lo fissò. — Senti, Wiggin, queste cose le so già. Perché credi che io abbia chiesto a Rose di assegnarti a me?
Non era stato affibbiato a qualcuno, era stato scelto, lo avevano chiesto. Meeker lo voleva. — Perché? — domandò.
— Ho assistito a un paio dei tuoi allenamenti coi nuovi arrivati. Credo che tu abbia delle doti. Bonzo è uno stupido, e voglio che tu abbia un addestramento migliore di quello che può darti Petra. Tutto ciò che lei sa è come usare la pistola.
— Avevo bisogno di far pratica di tiro.
— Ti muovi ancora come se avessi paura d’inciampare nelle scarpe.
— Allora insegnami.
— Tu pensa a imparare.
— Non ho intenzione di smettere l’allenamento nel mio tempo libero.
— Io non ti ho chiesto di smetterla.
— Lo ha fatto Rose de Nose.
— Rose de Nose non può darti quest’ordine. D’altra parte, può impedirti di usare il tuo banco.
— Credevo che i comandanti potessero ordinare qualsiasi cosa.
— Potrebbero anche ordinare alla luna di diventare blu, ma questo non accadrebbe. Ascolta, Ender, i comandanti hanno esattamente l’autorità che tu gli permetti di avere. Più ubbidisci ciecamente, più potere avranno su di te.
— Anche quello di prendermi a pugni a loro piacimento? — chiese Ender, ricordando la punizione inflittagli da Bonzo.
— Ho sentito dire che quello è stato a causa di una tua certa iniziativa non autorizzata.
— Mi hai tenuto d’occhio sul serio, allora. È così?
Dink non rispose.
— Non voglio che anche Rose mi prenda di mira. Voglio scendere in battaglia come gli altri, adesso. Sono stanco di star seduto fuori a guardare.
— Nella classifica dell’efficienza personale andrai giù.
Stavolta fu Ender a non rispondere.
— Ascolta, Wiggin, finché sarai parte del mio branco sarai parte della battaglia.
Lui ne capì presto il motivo. Dink addestrava il suo branco indipendentemente dal resto dell’orda dei Topi, con vigore e disciplina; non si consultava mai con Rose, e solo di rado l’orda eseguiva manovre d’insieme. Era come se Rose comandasse un esercito e Dink un altro molto più piccolo che per caso si allenava in sala di battaglia nelle stesse ore.
Dink diede inizio ai primi esercizi chiedendo a Ender di dare una dimostrazione della sua tecnica d’attacco a piedi in avanti. Agli altri ragazzi non piacque. — Come si può andare all’attacco distesi sulla schiena? — domandarono.
Con sorpresa di Ender, Dink non li corresse dicendo: — Non state attaccando sdraiati sulla schiena, state cadendo giù verso di loro. — Aveva visto la posa in cui Ender agiva, ma non aveva capito il diverso orientamento che essa implicava. A Ender fu subito chiaro che per quanto Dink fosse esperto e molto in gamba, la tenacia con cui restava attaccato all’orientamento gravitazionale del corridoio anche in sala di battaglia limitava la sua mentalità.
Fecero pratica d’attacco contro una stella tenuta dal nemico. Prima di sperimentare il sistema di Ender a piedi in avanti, s’erano sempre spinti in volo in posizione «eretta», con l’intero corpo esposto ai colpi. A quel modo non ebbero difficoltà a conquistare la stella con una manovra agile ed efficiente. — In alto, adesso! — gridò Dink, e il branco balzò verso il «soffitto». A suo credito, tuttavia, volle far ripetere l’esercizio ordinando: — A piedi in avanti, forza! — Ma a causa del loro inconscio collegamento a parametri gravitazionali che non esistevano, i ragazzi eseguirono la manovra con goffaggine, come se il vuoto che avevano sotto i piedi desse loro le vertigini.
Detestavano quel modo di andare all’attacco. Dink insisté che era pratico e dovevano usarlo. E come risultato essi detestarono Ender. — C’è bisogno che venga un novellino a insegnarci a volare? — brontolò uno di loro, a voce alta perché anche Ender sentisse. — Pare di sì — rispose Dink. I ragazzi continuarono a lavorare.
E impararono. Nelle scaramucce pratiche cominciarono a capire quanto fosse più difficile colpire un avversario che arrivava a piedi in avanti. Non appena si furono convinti di questo, eseguirono le manovre molto più volentieri.
Quella era la prima sera in cui Ender usciva da un intero pomeriggio di addestramento. All’arrivo di Alai era stanco.
— Ora che sei in un’orda — osservò l’amico, — non hai bisogno di far pratica con noi.
— Da voi posso imparare cose che nessuno sa — disse Ender.
— Dink Meeker è il migliore. Ho sentito dire che sei nel suo branco.
— Perciò diamoci da fare. Vi insegnerò quello che oggi ho imparato da lui.
Guidò Alai e due dozzine di altri attraverso le stesse esercitazioni che nel pomeriggio l’avevano sfibrato. Ma aggiunse particolari nuovi agli schemi; costrinse i ragazzi a tentare manovre con una gamba congelata, o con tutte e due, e ad usare la massa di un soldato già immobilizzato come appoggio per cambiare direzione.
A un certo punto, voltandosi, notò che Dink e Petra erano insieme sulla porta della sala e stavano guardando. Più tardi, quando si girò di nuovo, i due se n’erano andati.
Così mi stanno sorvegliando, e quel che faccio è risaputo, pensò. Non sapeva se Dink fosse suo amico o meno; supponeva che Petra lo fosse, ma non era certo di niente. Avrebbero potuto essere irritati nel vederlo indossare i panni di capobranco o addirittura di comandante intento ad addestrare i suoi uomini. Oppure offesi, trovando che un soldato preferiva la compagnia dei novellini. A disagio rifletté che i suoi rapporti coi ragazzi più anziani non sarebbero mai stati facili.
— Credevo d’averti ordinato di tenere il tuo banco sotto naftalina, pupo — disse Rose de Nose, fermandosi accanto alla sua cuccetta.
Ender non alzò lo sguardo. — Sto finendo il compito di trigonometria per domani.
Rose appoggiò un ginocchio sullo schermo. — Credi di poter prendere sottogamba i miei ordini?
Ender depose il banco sul letto e si alzò. — Credo di aver bisogno della trigonometria più di quanto ho bisogno di te.
Rose era almeno venti centimetri più alto di lui, ma questo non lo preoccupava particolarmente. Non si sarebbe giunti alla violenza fisica, e anche il tal caso lui avrebbe potuto difendersi. Rose era un pigro, e non conosceva le tecniche di combattimento individuale.
— Scenderai molto in classifica, ragazzo. — Rose scosse il capo.
— Era previsto. Stavo in cima alla lista solo perché l’orda delle Salamandre mi ha usato nel modo più stupido.
— Stupido? La strategia di Bonzo gli ha fatto vincere una partita chiave.
— La strategia di Bonzo non gli farebbe vincere una partita di ravanelli in scatola. Lui mi aveva messo fuori. Estraendo la pistola dal fodero ho violato i suoi ordini.
Rose non ne era stato al corrente. La rivelazione lo irritò. — Così tutto quello che Bonzo ha detto di te era una bugia. Non sei né svelto né competente… e inoltre disubbidisci agli ordini.
— Ma ho trasformato una disfatta in un pareggio, e da solo.
— Be’, vedremo come fai a vincere una partita da solo, la prossima volta. — Rose si allontanò.